Descrizione
Località Marmore, Terni, Terni, Umbria
Data 20 maggio 1944
Matrice strage Fascista
Numero vittime 1
Numero vittime uomini 1
Numero vittime uomini anziani 1
Descrizione: Alla fine del maggio 1944, a meno di un mese dall’arrivo degli Alleati, l’area montuosa che circonda Terni vede la ripresa dell’attività militare della brigata garibaldina “Antonio Gramsci”, duramente colpita dai rastrellamenti che nel mese precedente ne avevano scompaginato la struttura organizzativa. E’ in questo contesto che si inserisce l’uccisione di Pietro Montesi. Questi era un imprenditore edile molto conosciuto e stimato non solo nella frazione di Marmore ma in tutta l’area ternana. Repubblicano mazziniano, era ostile al fascismo, era inoltre simpatizzante del Pcd’I, tanto che dalle autorità fasciste era considerato finanziatore e collaboratore dei partigiani della brigata “Gramsci”. Per motivi d’interesse legati all’attività imprenditoriale negli anni precedenti aveva litigato, giungendo anche allo scontro fisico, con Gualtiero Pistola, un ex socio, fervente fascista, componente della squadra di militi che si presentò davanti alla sua abitazione.
Infatti nel pomeriggio del 20 maggio tra Marmore e Piediluco sarebbero stati esplosi alcuni colpi di pistola, ciò avrebbe fatto sorgere tra i fascisti locali il timore che i partigiani volessero compiere azioni nella zona. Di conseguenza, sarebbe stata avvertita la federazione provinciale del PFR di Terni, che per la sera organizzò una spedizione punitiva, fidando sulla collaborazione del presidio tedesco di Marmore subito allertato. Attorno alle 22 un camion proveniente da Terni con uomini della GNR e appartenenti all’Ufficio politico investigativo del PFR giungeva a Marmore. Una squadra di militi, guidati dal commissario federale del PFR ternano Alberto Coppo e accompagnata da un fascista del posto, raggiungeva l’abitazione di Montesi, il quale era costretto a uscire da casa e a seguire i fascisti che volevano informazioni sulla presenza di partigiani nella zona. Sarebbe sorta una discussione, subito degenerata, la vittima avrebbe avuto appena il tempo di esclamare poche parole che i fascisti gli avrebbero esploso contro almeno due colpi di arma fuoco, uccidendolo e buttando il corpo in un avvallamento del terreno vicino. Alla scena avrebbe assistito, nascosto dietro un pagliaio, il partigiano della “Gramsci” Ricciardo Conti (“Orso”), il quale sarebbe intervenuto esplodendo una raffica di mitra contro i fascisti che avrebbero reagito. Quasi contemporaneamente, richiamata dagli spari, sarebbe sopraggiunta una pattuglia tedesca che, scambiando i fascisti per partigiani, avrebbe iniziato a sparare, ferendo tre fascisti, tra cui Coppo, prima che venisse chiarito l’equivoco.
Modalità di uccisione: uccisione con armi da fuoco
Tipo di massacro: punitivo
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Estremi e note penali: Nell’agosto del 1945 per effetto di un esposto del CLN di Marmore alla procura del Regno di Terni, dopo che una precedente denuncia dei familiari di Montesi ai carabinieri di Piediluco era rimasta senza esito, furono avviate le indagini da parte dei carabinieri di Piediluco, Papigno e Terni. Una prima relazione sui fatti, in cui si identificavano gli otto fascisti componenti la squadra che prelevò Montesi, nel luglio 1946 fu inviata dai carabinieri di Papigno al procuratore del Regno di Terni, tanto che si giunse all’arresto degli imputati, alcuni dei quali peraltro, già reclusi in quanto coinvolti in altri procedimenti. L’istruttoria proseguì sino all’agosto successivo, quando due tra i principali imputati, Coppo e Garzuglia, furono scarcerati. Il procedimento riprese nel novembre 1948, per concludersi soltanto nel maggio 1951, allorché il giudice istruttore di Terni chiuse definitivamente l’istruttoria con una sentenza che assolveva tutti gli imputati dal reato di omicidio volontario per insufficienza di prove; li amnistiava inoltre per l’accusa di collaborazionismo con i tedeschi, per averne favorito i disegni politici e militari partecipando a rastrellamenti e arresti di partigiani e antifascisti nel territorio ternano ma anche nel Nord Italia, in quanto appartenenti alla GNR o all’Ufficio politico investigativo del PFR. I giudici di Terni e poi anche quelli della Corte d’Appello di Perugia, che confermarono quanto deciso nella fase istruttoria, accolsero nella sostanza la tesi difensiva degli imputati, che peraltro era la stessa proposta e “imposta” dal federale Coppo al vicebrigadiere dei Carabinieri di Piediluco che aveva fatto le prime indagini nei giorni seguenti all’uccisione di Montesi. Si considerava quindi la sua morte una conseguenza accidentale dello scontro a fuoco tra tedeschi e fascisti, avvenuta per errore dopo il suo prelevamento. Tale decisione si fondava essenzialmente su un’unica risultanza, quella derivante dagli esiti di una ricognizione cadaverica esterna, ordinata dal giudice istruttore di Terni sul corpo della vittima a oltre due anni dalla morte. Così, se il procuratore generale della Corte di Appello di Perugia nel richiedere la chiusura del procedimento, evidenziava l’esistenza una serie di elementi a carico dei fascisti: «certo non tranquillizza il fatto del prelevamento del Montesi, di notte, non si sa per quale ragione. Si parla di colloquio di natura politica intercorso tra lo stesso Montesi e il federale Coppo, si accenna alla frase “vigliacchi, cosa mi fate?”, a colpi isolati avvertiti prima della sparatoria seguita tra fascisti e tedeschi, alla circostanza che il cadavere del Montesi sarebbe stato rinvenuto in un avvallamento del terreno». Tuttavia i giudici ritenevano di individuare l’esistenza di contraddizioni evidenti anche e soprattutto in relazione alle dichiarazioni dell’unico testimone oculare, il partigiano Conti, valutate con molta cautela. Tutti i fascisti imputati poterono così ottenere non soltanto l’assoluzione per insufficienza di prove dall’accusa di omicidio, ma anche l’applicazione del provvedimento di amnistia, riguardo al reato di collaborazionismo, da cui sarebbero stati esclusi qualora fossero stati riconosciuti colpevoli di fatti di sangue.
Annotazioni: Il nominativo di Pietro Montesi non risulta tra quelli inseriti nell’elenco dei patrioti e partigiani della brigata garibaldina “Antonio Gramsci” riconosciuti nel dopoguerra.
Un Notiziario della GNR, datato 7 giugno 1944, rende noto l'episodio, travisando però completamente le circostanze: «Giunge ora notizia che, la sera del 20 maggio u.s., in Marmore, per fatale errore, 8 militi della G.N.R., in servizio di rastrellamento, si scontravano con una pattuglia di militari tedeschi, scambiandoli per banditi. Nel conflitto rimase ucciso Pietro MONTESI che faceva da guida ai militari della guardia, mentre due nostri sottufficiali e un milite riportavano gravi ferite. Chiaritosi l'equivoco, i feriti furono soccorsi dai militari tedeschi che manifestavano il loro vivo rincrescimento per l'accaduto».
Note sulla memoria (per maggiori informazioni vedi la sezione apposita): Negli ultimi anni la morte di Montesi ha costituito in ambito locale motivo di dibattito e polemica anche politica. Tale vicenda è stata infatti affrontata nel volume Un odio inestinguibile, edito da Mursia nel 2010, dell’avvocato ternano Marcello Marcellini. L’autore ricostruisce la vicenda partendo da un’analisi non sempre approfondita e spezzo parziale, che suscita diversi interrogativi, del fascicolo relativo al processo celebrato nel dopoguerra contro i fascisti coinvolti nei fatti. Secondo tale ricostruzione, la morte dell’antifascista sarebbe stata casuale, determinata da pallottole vaganti esplose per errore dai militari tedeschi contro i fascisti scambiati per partigiani. Pertanto, la “vulgata” che rappresenta Montesi vittima dei fascisti, sarebbe stata costruita nel dopoguerra per motivi politici dai comunisti, interessati a screditare i fascisti e a creare un “mito” resistenziale e un martire dell’antifascismo.
Scheda compilata da Angelo Bitti
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Ultimo aggiornamento dei dati: 2017-12-11 16:43:08
Vittime
Elenco vittime
Montesi Pietro, nato a Visso (Macerata) il 13/01/1869, residente a Marmore di Terni, coniugato, imprenditore edile.
Elenco vittime legate a partigiani 1
Montesi Pietro.
Responsabili o presunti responsabili
Elenco reparti responsabili
Elenco persone responsabili o presunte responsabili
Alberto Coppo
Nome Alberto
Cognome Coppo
Ruolo nella strage Autore
Stato individuato sulla base di indagine o di procedimento italiano
Note responsabile nato a Terni il 10 gennaio 1909 e ivi residente, insegnante, segretario federale del Pfr.
Note procedimento Nell’agosto del 1945 per effetto di un esposto del Cln di Marmore alla procura del Regno di Terni, dopo che una precedente denuncia dei familiari di Montesi ai carabinieri di Piediluco era rimasta senza esito, furono avviate le indagini da parte dei carabinieri di Piediluco, Papigno e Terni. Una prima relazione sui fatti, in cui si identificavano gli otto fascisti componenti la squadra che prelevò Montesi, nel luglio 1946 fu inviata dai carabinieri di Papigno al procuratore del Regno di Terni, tanto che si giunse all’arresto degli imputati, alcuni dei quali peraltro, già reclusi in quanto coinvolti in altri procedimenti. L’istruttoria proseguì sino all’agosto successivo, quando due tra i principali imputati, Coppo e Garzuglia, furono scarcerati. Il procedimento riprese nel novembre 1948, per concludersi soltanto nel maggio 1951, allorché il giudice istruttore di Terni chiuse definitivamente l’istruttoria con una sentenza che assolveva tutti gli imputati dal reato di omicidio volontario per insufficienza di prove; li amnistiava inoltre per l’accusa di collaborazionismo con i tedeschi, per averne favorito i disegni politici e militari partecipando a rastrellamenti e arresti di partigiani e antifascisti nel territorio ternano ma anche nel Nord Italia, in quanto appartenenti alla Gnr o all’Ufficio politico investigativo del Pfr. I giudici di Terni e poi anche quelli della Corte d’Appello di Perugia, che confermarono quanto deciso nella fase istruttoria, accolsero nella sostanza la tesi difensiva degli imputati, che peraltro era la stessa proposta e “imposta” dal federale Coppo al vicebrigadiere dei Carabinieri di Piediluco che aveva fatto le prime indagini nei giorni seguenti all’uccisione di Montesi. Si considerava quindi la sua morte una conseguenza accidentale dello scontro a fuoco tra tedeschi e fascisti, avvenuta per errore dopo il suo prelevamento. Tale decisione si fondava essenzialmente su un’unica risultanza, quella derivante dagli esiti di una ricognizione cadaverica esterna, ordinata dal giudice istruttore di Terni sul corpo della vittima a oltre due anni dalla morte. Così, se il procuratore generale della Corte di Appello di Perugia nel richiedere la chiusura del procedimento, evidenziava l’esistenza una serie di elementi a carico dei fascisti: «certo non tranquillizza il fatto del prelevamento del Montesi, di notte, non si sa per quale ragione. Si parla di colloquio di natura politica intercorso tra lo stesso Montesi e il federale Coppo, si accenna alla frase “vigliacchi, cosa mi fate?”, a colpi isolati avvertiti prima della sparatoria seguita tra fascisti e tedeschi, alla circostanza che il cadavere del Montesi sarebbe stato rinvenuto in un avvallamento del terreno». Tuttavia i giudici ritenevano di individuare l’esistenza di contraddizioni evidenti anche e soprattutto in relazione alle dichiarazioni dell’unico testimone oculare, il partigiano Conti, valutate con molta cautela. Tutti i fascisti imputati poterono così ottenere non soltanto l’assoluzione per insufficienza di prove dall’accusa di omicidio, ma anche l’applicazione del provvedimento di amnistia, riguardo al reato di collaborazionismo, da cui sarebbero stati esclusi qualora fossero stati riconosciuti colpevoli di fatti di sangue.
Tipo di reparto fascista Guardia Nazionale Repubblicana
Nome del reparto GNR di Terni
Alvaro Garzuglia
Nome Alvaro
Cognome Garzuglia
Ruolo nella strage Autore
Stato individuato sulla base di indagine o di procedimento italiano
Note responsabile nato a Terni il 7 agosto 1902 e ivi residente, iscritto al Pfr, membro delle squadre di polizia ausiliaria della federazione del Pfr di Terni e milite della Gnr.
Note procedimento Nell’agosto del 1945 per effetto di un esposto del Cln di Marmore alla procura del Regno di Terni, dopo che una precedente denuncia dei familiari di Montesi ai carabinieri di Piediluco era rimasta senza esito, furono avviate le indagini da parte dei carabinieri di Piediluco, Papigno e Terni. Una prima relazione sui fatti, in cui si identificavano gli otto fascisti componenti la squadra che prelevò Montesi, nel luglio 1946 fu inviata dai carabinieri di Papigno al procuratore del Regno di Terni, tanto che si giunse all’arresto degli imputati, alcuni dei quali peraltro, già reclusi in quanto coinvolti in altri procedimenti. L’istruttoria proseguì sino all’agosto successivo, quando due tra i principali imputati, Coppo e Garzuglia, furono scarcerati. Il procedimento riprese nel novembre 1948, per concludersi soltanto nel maggio 1951, allorché il giudice istruttore di Terni chiuse definitivamente l’istruttoria con una sentenza che assolveva tutti gli imputati dal reato di omicidio volontario per insufficienza di prove; li amnistiava inoltre per l’accusa di collaborazionismo con i tedeschi, per averne favorito i disegni politici e militari partecipando a rastrellamenti e arresti di partigiani e antifascisti nel territorio ternano ma anche nel Nord Italia, in quanto appartenenti alla Gnr o all’Ufficio politico investigativo del Pfr. I giudici di Terni e poi anche quelli della Corte d’Appello di Perugia, che confermarono quanto deciso nella fase istruttoria, accolsero nella sostanza la tesi difensiva degli imputati, che peraltro era la stessa proposta e “imposta” dal federale Coppo al vicebrigadiere dei Carabinieri di Piediluco che aveva fatto le prime indagini nei giorni seguenti all’uccisione di Montesi. Si considerava quindi la sua morte una conseguenza accidentale dello scontro a fuoco tra tedeschi e fascisti, avvenuta per errore dopo il suo prelevamento. Tale decisione si fondava essenzialmente su un’unica risultanza, quella derivante dagli esiti di una ricognizione cadaverica esterna, ordinata dal giudice istruttore di Terni sul corpo della vittima a oltre due anni dalla morte. Così, se il procuratore generale della Corte di Appello di Perugia nel richiedere la chiusura del procedimento, evidenziava l’esistenza una serie di elementi a carico dei fascisti: «certo non tranquillizza il fatto del prelevamento del Montesi, di notte, non si sa per quale ragione. Si parla di colloquio di natura politica intercorso tra lo stesso Montesi e il federale Coppo, si accenna alla frase “vigliacchi, cosa mi fate?”, a colpi isolati avvertiti prima della sparatoria seguita tra fascisti e tedeschi, alla circostanza che il cadavere del Montesi sarebbe stato rinvenuto in un avvallamento del terreno». Tuttavia i giudici ritenevano di individuare l’esistenza di contraddizioni evidenti anche e soprattutto in relazione alle dichiarazioni dell’unico testimone oculare, il partigiano Conti, valutate con molta cautela. Tutti i fascisti imputati poterono così ottenere non soltanto l’assoluzione per insufficienza di prove dall’accusa di omicidio, ma anche l’applicazione del provvedimento di amnistia, riguardo al reato di collaborazionismo, da cui sarebbero stati esclusi qualora fossero stati riconosciuti colpevoli di fatti di sangue.
Tipo di reparto fascista Guardia Nazionale Repubblicana
Nome del reparto GNR di Terni
Carlier Washington
Nome Carlier
Cognome Washington
Ruolo nella strage Autore
Stato individuato sulla base di indagine o di procedimento italiano
Note responsabile nato ad Ancona l’08/02/1889, residente a Terni, coniugato.
Note procedimento Nell’agosto del 1945 per effetto di un esposto del Cln di Marmore alla procura del Regno di Terni, dopo che una precedente denuncia dei familiari di Montesi ai carabinieri di Piediluco era rimasta senza esito, furono avviate le indagini da parte dei carabinieri di Piediluco, Papigno e Terni. Una prima relazione sui fatti, in cui si identificavano gli otto fascisti componenti la squadra che prelevò Montesi, nel luglio 1946 fu inviata dai carabinieri di Papigno al procuratore del Regno di Terni, tanto che si giunse all’arresto degli imputati, alcuni dei quali peraltro, già reclusi in quanto coinvolti in altri procedimenti. L’istruttoria proseguì sino all’agosto successivo, quando due tra i principali imputati, Coppo e Garzuglia, furono scarcerati. Il procedimento riprese nel novembre 1948, per concludersi soltanto nel maggio 1951, allorché il giudice istruttore di Terni chiuse definitivamente l’istruttoria con una sentenza che assolveva tutti gli imputati dal reato di omicidio volontario per insufficienza di prove; li amnistiava inoltre per l’accusa di collaborazionismo con i tedeschi, per averne favorito i disegni politici e militari partecipando a rastrellamenti e arresti di partigiani e antifascisti nel territorio ternano ma anche nel Nord Italia, in quanto appartenenti alla Gnr o all’Ufficio politico investigativo del Pfr. I giudici di Terni e poi anche quelli della Corte d’Appello di Perugia, che confermarono quanto deciso nella fase istruttoria, accolsero nella sostanza la tesi difensiva degli imputati, che peraltro era la stessa proposta e “imposta” dal federale Coppo al vicebrigadiere dei Carabinieri di Piediluco che aveva fatto le prime indagini nei giorni seguenti all’uccisione di Montesi. Si considerava quindi la sua morte una conseguenza accidentale dello scontro a fuoco tra tedeschi e fascisti, avvenuta per errore dopo il suo prelevamento. Tale decisione si fondava essenzialmente su un’unica risultanza, quella derivante dagli esiti di una ricognizione cadaverica esterna, ordinata dal giudice istruttore di Terni sul corpo della vittima a oltre due anni dalla morte. Così, se il procuratore generale della Corte di Appello di Perugia nel richiedere la chiusura del procedimento, evidenziava l’esistenza una serie di elementi a carico dei fascisti: «certo non tranquillizza il fatto del prelevamento del Montesi, di notte, non si sa per quale ragione. Si parla di colloquio di natura politica intercorso tra lo stesso Montesi e il federale Coppo, si accenna alla frase “vigliacchi, cosa mi fate?”, a colpi isolati avvertiti prima della sparatoria seguita tra fascisti e tedeschi, alla circostanza che il cadavere del Montesi sarebbe stato rinvenuto in un avvallamento del terreno». Tuttavia i giudici ritenevano di individuare l’esistenza di contraddizioni evidenti anche e soprattutto in relazione alle dichiarazioni dell’unico testimone oculare, il partigiano Conti, valutate con molta cautela. Tutti i fascisti imputati poterono così ottenere non soltanto l’assoluzione per insufficienza di prove dall’accusa di omicidio, ma anche l’applicazione del provvedimento di amnistia, riguardo al reato di collaborazionismo, da cui sarebbero stati esclusi qualora fossero stati riconosciuti colpevoli di fatti di sangue.
Tipo di reparto fascista Guardia Nazionale Repubblicana
Nome del reparto GNR di Terni
Gualtiero Pistola
Nome Gualtiero
Cognome Pistola
Ruolo nella strage Autore
Stato individuato sulla base di indagine o di procedimento italiano
Note responsabile nato a Papigno (Terni) il 24/04/1904 e ivi residente, coniugato, impiegato, iscritto al Pfr di Terni.
Note procedimento Nell’agosto del 1945 per effetto di un esposto del Cln di Marmore alla procura del Regno di Terni, dopo che una precedente denuncia dei familiari di Montesi ai carabinieri di Piediluco era rimasta senza esito, furono avviate le indagini da parte dei carabinieri di Piediluco, Papigno e Terni. Una prima relazione sui fatti, in cui si identificavano gli otto fascisti componenti la squadra che prelevò Montesi, nel luglio 1946 fu inviata dai carabinieri di Papigno al procuratore del Regno di Terni, tanto che si giunse all’arresto degli imputati, alcuni dei quali peraltro, già reclusi in quanto coinvolti in altri procedimenti. L’istruttoria proseguì sino all’agosto successivo, quando due tra i principali imputati, Coppo e Garzuglia, furono scarcerati. Il procedimento riprese nel novembre 1948, per concludersi soltanto nel maggio 1951, allorché il giudice istruttore di Terni chiuse definitivamente l’istruttoria con una sentenza che assolveva tutti gli imputati dal reato di omicidio volontario per insufficienza di prove; li amnistiava inoltre per l’accusa di collaborazionismo con i tedeschi, per averne favorito i disegni politici e militari partecipando a rastrellamenti e arresti di partigiani e antifascisti nel territorio ternano ma anche nel Nord Italia, in quanto appartenenti alla Gnr o all’Ufficio politico investigativo del Pfr. I giudici di Terni e poi anche quelli della Corte d’Appello di Perugia, che confermarono quanto deciso nella fase istruttoria, accolsero nella sostanza la tesi difensiva degli imputati, che peraltro era la stessa proposta e “imposta” dal federale Coppo al vicebrigadiere dei Carabinieri di Piediluco che aveva fatto le prime indagini nei giorni seguenti all’uccisione di Montesi. Si considerava quindi la sua morte una conseguenza accidentale dello scontro a fuoco tra tedeschi e fascisti, avvenuta per errore dopo il suo prelevamento. Tale decisione si fondava essenzialmente su un’unica risultanza, quella derivante dagli esiti di una ricognizione cadaverica esterna, ordinata dal giudice istruttore di Terni sul corpo della vittima a oltre due anni dalla morte. Così, se il procuratore generale della Corte di Appello di Perugia nel richiedere la chiusura del procedimento, evidenziava l’esistenza una serie di elementi a carico dei fascisti: «certo non tranquillizza il fatto del prelevamento del Montesi, di notte, non si sa per quale ragione. Si parla di colloquio di natura politica intercorso tra lo stesso Montesi e il federale Coppo, si accenna alla frase “vigliacchi, cosa mi fate?”, a colpi isolati avvertiti prima della sparatoria seguita tra fascisti e tedeschi, alla circostanza che il cadavere del Montesi sarebbe stato rinvenuto in un avvallamento del terreno». Tuttavia i giudici ritenevano di individuare l’esistenza di contraddizioni evidenti anche e soprattutto in relazione alle dichiarazioni dell’unico testimone oculare, il partigiano Conti, valutate con molta cautela. Tutti i fascisti imputati poterono così ottenere non soltanto l’assoluzione per insufficienza di prove dall’accusa di omicidio, ma anche l’applicazione del provvedimento di amnistia, riguardo al reato di collaborazionismo, da cui sarebbero stati esclusi qualora fossero stati riconosciuti colpevoli di fatti di sangue.
Tipo di reparto fascista Guardia Nazionale Repubblicana
Nome del reparto GNR di Terni
Gustavo Pitotti
Nome Gustavo
Cognome Pitotti
Ruolo nella strage Autore
Stato individuato sulla base di indagine o di procedimento italiano
Note responsabile nato a Papigno (Terni) il 23/05/1912 e ivi residente, coniugato, brigadiere della Gnr.
Note procedimento Nell’agosto del 1945 per effetto di un esposto del Cln di Marmore alla procura del Regno di Terni, dopo che una precedente denuncia dei familiari di Montesi ai carabinieri di Piediluco era rimasta senza esito, furono avviate le indagini da parte dei carabinieri di Piediluco, Papigno e Terni. Una prima relazione sui fatti, in cui si identificavano gli otto fascisti componenti la squadra che prelevò Montesi, nel luglio 1946 fu inviata dai carabinieri di Papigno al procuratore del Regno di Terni, tanto che si giunse all’arresto degli imputati, alcuni dei quali peraltro, già reclusi in quanto coinvolti in altri procedimenti. L’istruttoria proseguì sino all’agosto successivo, quando due tra i principali imputati, Coppo e Garzuglia, furono scarcerati. Il procedimento riprese nel novembre 1948, per concludersi soltanto nel maggio 1951, allorché il giudice istruttore di Terni chiuse definitivamente l’istruttoria con una sentenza che assolveva tutti gli imputati dal reato di omicidio volontario per insufficienza di prove; li amnistiava inoltre per l’accusa di collaborazionismo con i tedeschi, per averne favorito i disegni politici e militari partecipando a rastrellamenti e arresti di partigiani e antifascisti nel territorio ternano ma anche nel Nord Italia, in quanto appartenenti alla Gnr o all’Ufficio politico investigativo del Pfr. I giudici di Terni e poi anche quelli della Corte d’Appello di Perugia, che confermarono quanto deciso nella fase istruttoria, accolsero nella sostanza la tesi difensiva degli imputati, che peraltro era la stessa proposta e “imposta” dal federale Coppo al vicebrigadiere dei Carabinieri di Piediluco che aveva fatto le prime indagini nei giorni seguenti all’uccisione di Montesi. Si considerava quindi la sua morte una conseguenza accidentale dello scontro a fuoco tra tedeschi e fascisti, avvenuta per errore dopo il suo prelevamento. Tale decisione si fondava essenzialmente su un’unica risultanza, quella derivante dagli esiti di una ricognizione cadaverica esterna, ordinata dal giudice istruttore di Terni sul corpo della vittima a oltre due anni dalla morte. Così, se il procuratore generale della Corte di Appello di Perugia nel richiedere la chiusura del procedimento, evidenziava l’esistenza una serie di elementi a carico dei fascisti: «certo non tranquillizza il fatto del prelevamento del Montesi, di notte, non si sa per quale ragione. Si parla di colloquio di natura politica intercorso tra lo stesso Montesi e il federale Coppo, si accenna alla frase “vigliacchi, cosa mi fate?”, a colpi isolati avvertiti prima della sparatoria seguita tra fascisti e tedeschi, alla circostanza che il cadavere del Montesi sarebbe stato rinvenuto in un avvallamento del terreno». Tuttavia i giudici ritenevano di individuare l’esistenza di contraddizioni evidenti anche e soprattutto in relazione alle dichiarazioni dell’unico testimone oculare, il partigiano Conti, valutate con molta cautela. Tutti i fascisti imputati poterono così ottenere non soltanto l’assoluzione per insufficienza di prove dall’accusa di omicidio, ma anche l’applicazione del provvedimento di amnistia, riguardo al reato di collaborazionismo, da cui sarebbero stati esclusi qualora fossero stati riconosciuti colpevoli di fatti di sangue.
Tipo di reparto fascista Guardia Nazionale Repubblicana
Nome del reparto GNR di Terni
Luigi Brunelli
Nome Luigi
Cognome Brunelli
Ruolo nella strage Autore
Stato individuato sulla base di indagine o di procedimento italiano
Note responsabile nato a Papigno (Terni) il 20/05/1910 e ivi residente, coniugato, operaio, segretario politico del Pfr di Papigno.
Note procedimento Nell’agosto del 1945 per effetto di un esposto del Cln di Marmore alla procura del Regno di Terni, dopo che una precedente denuncia dei familiari di Montesi ai carabinieri di Piediluco era rimasta senza esito, furono avviate le indagini da parte dei carabinieri di Piediluco, Papigno e Terni. Una prima relazione sui fatti, in cui si identificavano gli otto fascisti componenti la squadra che prelevò Montesi, nel luglio 1946 fu inviata dai carabinieri di Papigno al procuratore del Regno di Terni, tanto che si giunse all’arresto degli imputati, alcuni dei quali peraltro, già reclusi in quanto coinvolti in altri procedimenti. L’istruttoria proseguì sino all’agosto successivo, quando due tra i principali imputati, Coppo e Garzuglia, furono scarcerati. Il procedimento riprese nel novembre 1948, per concludersi soltanto nel maggio 1951, allorché il giudice istruttore di Terni chiuse definitivamente l’istruttoria con una sentenza che assolveva tutti gli imputati dal reato di omicidio volontario per insufficienza di prove; li amnistiava inoltre per l’accusa di collaborazionismo con i tedeschi, per averne favorito i disegni politici e militari partecipando a rastrellamenti e arresti di partigiani e antifascisti nel territorio ternano ma anche nel Nord Italia, in quanto appartenenti alla Gnr o all’Ufficio politico investigativo del Pfr. I giudici di Terni e poi anche quelli della Corte d’Appello di Perugia, che confermarono quanto deciso nella fase istruttoria, accolsero nella sostanza la tesi difensiva degli imputati, che peraltro era la stessa proposta e “imposta” dal federale Coppo al vicebrigadiere dei Carabinieri di Piediluco che aveva fatto le prime indagini nei giorni seguenti all’uccisione di Montesi. Si considerava quindi la sua morte una conseguenza accidentale dello scontro a fuoco tra tedeschi e fascisti, avvenuta per errore dopo il suo prelevamento. Tale decisione si fondava essenzialmente su un’unica risultanza, quella derivante dagli esiti di una ricognizione cadaverica esterna, ordinata dal giudice istruttore di Terni sul corpo della vittima a oltre due anni dalla morte. Così, se il procuratore generale della Corte di Appello di Perugia nel richiedere la chiusura del procedimento, evidenziava l’esistenza una serie di elementi a carico dei fascisti: «certo non tranquillizza il fatto del prelevamento del Montesi, di notte, non si sa per quale ragione. Si parla di colloquio di natura politica intercorso tra lo stesso Montesi e il federale Coppo, si accenna alla frase “vigliacchi, cosa mi fate?”, a colpi isolati avvertiti prima della sparatoria seguita tra fascisti e tedeschi, alla circostanza che il cadavere del Montesi sarebbe stato rinvenuto in un avvallamento del terreno». Tuttavia i giudici ritenevano di individuare l’esistenza di contraddizioni evidenti anche e soprattutto in relazione alle dichiarazioni dell’unico testimone oculare, il partigiano Conti, valutate con molta cautela. Tutti i fascisti imputati poterono così ottenere non soltanto l’assoluzione per insufficienza di prove dall’accusa di omicidio, ma anche l’applicazione del provvedimento di amnistia, riguardo al reato di collaborazionismo, da cui sarebbero stati esclusi qualora fossero stati riconosciuti colpevoli di fatti di sangue.
Tipo di reparto fascista Guardia Nazionale Repubblicana
Nome del reparto GNR di Terni
Pietro Cangemi
Nome Pietro
Cognome Cangemi
Ruolo nella strage Autore
Stato individuato sulla base di indagine o di procedimento italiano
Note responsabile nato a Calatafimi (Trapani) il 25/10/1904, residente a Terni, coniugato, impiegato alla poste di Terni, membro del Pfr ternano.
Note procedimento Nell’agosto del 1945 per effetto di un esposto del Cln di Marmore alla procura del Regno di Terni, dopo che una precedente denuncia dei familiari di Montesi ai carabinieri di Piediluco era rimasta senza esito, furono avviate le indagini da parte dei carabinieri di Piediluco, Papigno e Terni. Una prima relazione sui fatti, in cui si identificavano gli otto fascisti componenti la squadra che prelevò Montesi, nel luglio 1946 fu inviata dai carabinieri di Papigno al procuratore del Regno di Terni, tanto che si giunse all’arresto degli imputati, alcuni dei quali peraltro, già reclusi in quanto coinvolti in altri procedimenti. L’istruttoria proseguì sino all’agosto successivo, quando due tra i principali imputati, Coppo e Garzuglia, furono scarcerati. Il procedimento riprese nel novembre 1948, per concludersi soltanto nel maggio 1951, allorché il giudice istruttore di Terni chiuse definitivamente l’istruttoria con una sentenza che assolveva tutti gli imputati dal reato di omicidio volontario per insufficienza di prove; li amnistiava inoltre per l’accusa di collaborazionismo con i tedeschi, per averne favorito i disegni politici e militari partecipando a rastrellamenti e arresti di partigiani e antifascisti nel territorio ternano ma anche nel Nord Italia, in quanto appartenenti alla Gnr o all’Ufficio politico investigativo del Pfr. I giudici di Terni e poi anche quelli della Corte d’Appello di Perugia, che confermarono quanto deciso nella fase istruttoria, accolsero nella sostanza la tesi difensiva degli imputati, che peraltro era la stessa proposta e “imposta” dal federale Coppo al vicebrigadiere dei Carabinieri di Piediluco che aveva fatto le prime indagini nei giorni seguenti all’uccisione di Montesi. Si considerava quindi la sua morte una conseguenza accidentale dello scontro a fuoco tra tedeschi e fascisti, avvenuta per errore dopo il suo prelevamento. Tale decisione si fondava essenzialmente su un’unica risultanza, quella derivante dagli esiti di una ricognizione cadaverica esterna, ordinata dal giudice istruttore di Terni sul corpo della vittima a oltre due anni dalla morte. Così, se il procuratore generale della Corte di Appello di Perugia nel richiedere la chiusura del procedimento, evidenziava l’esistenza una serie di elementi a carico dei fascisti: «certo non tranquillizza il fatto del prelevamento del Montesi, di notte, non si sa per quale ragione. Si parla di colloquio di natura politica intercorso tra lo stesso Montesi e il federale Coppo, si accenna alla frase “vigliacchi, cosa mi fate?”, a colpi isolati avvertiti prima della sparatoria seguita tra fascisti e tedeschi, alla circostanza che il cadavere del Montesi sarebbe stato rinvenuto in un avvallamento del terreno». Tuttavia i giudici ritenevano di individuare l’esistenza di contraddizioni evidenti anche e soprattutto in relazione alle dichiarazioni dell’unico testimone oculare, il partigiano Conti, valutate con molta cautela. Tutti i fascisti imputati poterono così ottenere non soltanto l’assoluzione per insufficienza di prove dall’accusa di omicidio, ma anche l’applicazione del provvedimento di amnistia, riguardo al reato di collaborazionismo, da cui sarebbero stati esclusi qualora fossero stati riconosciuti colpevoli di fatti di sangue.
Tipo di reparto fascista Guardia Nazionale Repubblicana
Nome del reparto GNR di Terni
Vincenzo Nicolosi
Nome Vincenzo
Cognome Nicolosi
Ruolo nella strage Autore
Stato individuato sulla base di indagine o di procedimento italiano
Note responsabile nato a Capannori (Lucca) l’11/05/1900, residente a Terni, coniugato, membro del Pfr di Terni.
Note procedimento Nell’agosto del 1945 per effetto di un esposto del Cln di Marmore alla procura del Regno di Terni, dopo che una precedente denuncia dei familiari di Montesi ai carabinieri di Piediluco era rimasta senza esito, furono avviate le indagini da parte dei carabinieri di Piediluco, Papigno e Terni. Una prima relazione sui fatti, in cui si identificavano gli otto fascisti componenti la squadra che prelevò Montesi, nel luglio 1946 fu inviata dai carabinieri di Papigno al procuratore del Regno di Terni, tanto che si giunse all’arresto degli imputati, alcuni dei quali peraltro, già reclusi in quanto coinvolti in altri procedimenti. L’istruttoria proseguì sino all’agosto successivo, quando due tra i principali imputati, Coppo e Garzuglia, furono scarcerati. Il procedimento riprese nel novembre 1948, per concludersi soltanto nel maggio 1951, allorché il giudice istruttore di Terni chiuse definitivamente l’istruttoria con una sentenza che assolveva tutti gli imputati dal reato di omicidio volontario per insufficienza di prove; li amnistiava inoltre per l’accusa di collaborazionismo con i tedeschi, per averne favorito i disegni politici e militari partecipando a rastrellamenti e arresti di partigiani e antifascisti nel territorio ternano ma anche nel Nord Italia, in quanto appartenenti alla Gnr o all’Ufficio politico investigativo del Pfr. I giudici di Terni e poi anche quelli della Corte d’Appello di Perugia, che confermarono quanto deciso nella fase istruttoria, accolsero nella sostanza la tesi difensiva degli imputati, che peraltro era la stessa proposta e “imposta” dal federale Coppo al vicebrigadiere dei Carabinieri di Piediluco che aveva fatto le prime indagini nei giorni seguenti all’uccisione di Montesi. Si considerava quindi la sua morte una conseguenza accidentale dello scontro a fuoco tra tedeschi e fascisti, avvenuta per errore dopo il suo prelevamento. Tale decisione si fondava essenzialmente su un’unica risultanza, quella derivante dagli esiti di una ricognizione cadaverica esterna, ordinata dal giudice istruttore di Terni sul corpo della vittima a oltre due anni dalla morte. Così, se il procuratore generale della Corte di Appello di Perugia nel richiedere la chiusura del procedimento, evidenziava l’esistenza una serie di elementi a carico dei fascisti: «certo non tranquillizza il fatto del prelevamento del Montesi, di notte, non si sa per quale ragione. Si parla di colloquio di natura politica intercorso tra lo stesso Montesi e il federale Coppo, si accenna alla frase “vigliacchi, cosa mi fate?”, a colpi isolati avvertiti prima della sparatoria seguita tra fascisti e tedeschi, alla circostanza che il cadavere del Montesi sarebbe stato rinvenuto in un avvallamento del terreno». Tuttavia i giudici ritenevano di individuare l’esistenza di contraddizioni evidenti anche e soprattutto in relazione alle dichiarazioni dell’unico testimone oculare, il partigiano Conti, valutate con molta cautela. Tutti i fascisti imputati poterono così ottenere non soltanto l’assoluzione per insufficienza di prove dall’accusa di omicidio, ma anche l’applicazione del provvedimento di amnistia, riguardo al reato di collaborazionismo, da cui sarebbero stati esclusi qualora fossero stati riconosciuti colpevoli di fatti di sangue.
Tipo di reparto fascista Guardia Nazionale Repubblicana
Nome del reparto GNR di Terni
Memorie
Memorie legate a questa strage
commemorazione a Terni
Tipo di memoria: commemorazione
Ubicazione: Terni
Descrizione: Ogni anno, nell’anniversario della sua morte, rappresentanti dell’amministrazione comunale di Terni e dell’Anpi locale depongono una corona di fiori presso la lapide che ricorda il tragico fatto.
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Tipo di memoria: lapide
Ubicazione: Terni, Palazzo del Podesta, casa e luogo dell\'uccisione a Marmore
Anno di realizzazione: 2010
Descrizione: Esistono diversi segni materiali sul territorio che testimoniano la memoria di Montesi. - Innanzitutto, sulla facciata di quella che era la sua abitazione, in località Campacci della frazione di Marmore, è stata apposta una piccola lapide che recita: «Q
luogo della memoria a Terni, Marmore
Tipo di memoria: luogo della memoria
Ubicazione: Terni, Marmore
Anno di realizzazione: 1954
Descrizione: All’anziano antifascista è stata anche dedicata una via nella frazione di Marmore, lungo la quale, al numero civico 88, nella primavera del 1954, a ricordo del decennale dei fatti, è stata apposta una lapide