Selva di Puianello, Castelvetro di Modena, 17.08.1944
(Modena - Emilia-Romagna)
Episodio di riferimento: OSPITALETTO, 12-25.08.1944
Descrizione
Località Selva di Puianello, Castelvetro di Modena, Castelvetro di Modena, Modena, Emilia-Romagna
Data 17 agosto 1944
Matrice strage Nazifascista
Numero vittime 4
Numero vittime uomini 4
Numero vittime uomini adulti 3
Numero vittime uomini senza informazioni 1
Descrizione: Tra il 30 luglio e il 3 agosto 1944 l’Operazione Wallenstein III provoca il crollo della Repubblica di Montefiorino. I partigiani si sganciano dall’attacco tedesco e si riorganizzano lungo la valle del Panaro o nei crinali dell’Appennino. Intorno al 10 agosto una formazione di circa 300 uomini, guidata dal comandante azionista Adolfo Bambini (“il Toscano”), si insedia presso alcune case coloniche a Ospitaletto (Marano sul Panaro), ma elementi ostili alla Resistenza segnalano la presenza dei partigiani: una piccola squadra di militi della GNR di Marano e Vignola parte per attaccare i “ribelli”, ma i fascisti perdono il camion e si rifugiano in una casa colonica. L’arrivo di rinforzi tedeschi dà inizio a un combattimento serrato: un’ottima lettura tattica del vice-comandante Mario Allegretti sancisce la vittoria partigiana; i nazisti perdono cinque uomini e, mentre scendono a valle, uccidono due contadini, accusati di aver coperto la fuga dei “ribelli”. All’alba del 13 agosto comincia la rappresaglia: i tedeschi e i fascisti impiccano nel borgo di Ospitaletto cinque partigiani prelevati dal carcere vignolese di Villa Santi, poi si radunano nella località Spino per pianificare la terra bruciata. Nel pomeriggio i reparti nazisti uccidono civili, incendiano cascine, massacrano il bestiame e devastano l’intero territorio della frazione maranese, imponendo che la scena dell’orrore rimanga intoccata fino al Ferragosto. Il 17 agosto 1944 le unità tedesche riprendono le operazioni antipartigiane: avvalendosi della collaborazione dei fascisti, le forze di occupazione raggiungono Selva di Puianello e le zone di confine tra Ospitaletto e Serramazzoni, dove ingaggiano un altro combattimento con i partigiani. I resistenti sono colti impreparati e accusano diverse perdite: alcuni di loro sono arrestati ed eliminati sul posto, altri vengono condotti nel carcere di Villa Santi; Antonio Ferrari, uno di questi, è fucilato a Ospitaletto il 25 agosto 1944.
Modalità di uccisione: fucilazione
Tipo di massacro: punitivo
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Note sulla memoria (per maggiori informazioni vedi la sezione apposita): Un elemento di particolare rilevanza contraddistingue l’elaborazione comunitaria del lutto e della memoria che questa vicenda fece scaturire tra le famiglie di Ospitaletto: l’indole moderata e il quieto equilibrio che avevano sempre contraddistinto la “terra dei Balugola” segnarono l’interpretazione collettiva degli eventi e plasmarono un desiderio di pacificazione che si rivelò più forte delle lacerazioni belliche. Dopo i tragici eventi del 13 agosto nessun membro della comunità biasimò pubblicamente i delatori poiché la tremenda portata delle devastazioni nazi-fasciste indusse le famiglie a cercare nel silenzio e nella vicinanza gli stimoli alla rinascita. Le spie non furono denunciate neppure nel dopoguerra poiché la comunità preferì mantenere un profondo riserbo sulla rappresaglia: i parenti delle vittime non vollero riaprire le ferite dell’estate più tremenda della loro vita e lasciarono che il dolore del lutto sublimasse nell’atmosfera pacifica delle colline rurali. Questo atteggiamento creò le condizioni per la formazione di una memoria divisa. Le famiglie del borgo non avevano gli strumenti culturali per affrontare le vicende della guerra totale e furono costretti a elaborare lutti che, ai loro occhi, apparivano completamente inspiegabili. L’impossibilità di comprendere e razionalizzare perdite così gravi e traumatiche provocò uno spontaneo ricorso all’oblio: benché le violenze e le sopraffazioni naziste avessero riguardato anche molte delle famiglie che non erano state inserite nell’elenco dei sostenitori della Resistenza, la necessità del silenzio e l’opposizione all’analisi critica delle vicende in chiave memorialistica accomunò la maggior parte degli abitanti del borgo. Negli ultimi anni la naturale azione lenitiva del tempo e un corretto uso del ragionamento controfattuale hanno riavvicinato la comunità di Ospitaletto agli aspetti più spinosi della sua memoria: gli studi storici comparati hanno dimostrato che i nazisti avrebbero potuto attaccare i loro nemici e compiere una rappresaglia sulla comunità anche se i “ribelli della montagna” avessero deciso di barricarsi a Ospitaletto. La comunità inizia a valutare in maniera più matura e distaccata le vicende della rappresaglia, ma le ferite non sono ancora del tutto rimarginate e la serenità del giudizio è ancora lontana dall’atmosfera del borgo. La memoria dell’impiccagione del 25 agosto 1944 fu particolarmente debole: nei ricordi della comunità di Ospitaletto, quell’esecuzione chiudeva un ciclo di terribili violenze con l’estrema manifestazione delle leggi di guerra poiché i sette giovani avevano pagato con la vita il rifiuto della “tranquillità” nazi-fascista. Benché le devastazioni di dodici giorni prima rendessero impossibile l’ennesima “saldatura conservatrice” fra i difensori dello status quo e i sostenitori dell’ideologia littoria, le forti sfumature antipartigiane che contraddistinguevano il senso comune degli abitanti del borgo fecero calare una cortina di doloroso silenzio sui fatti di Selva e sulle condanne a morte dei prigionieri. Dopo decenni di scomodi silenzi e dolorosi vuoti, l’interesse e la sensibilità delle ultime Amministrazioni comunali di Marano sul Panaro hanno permesso ai parenti delle vittime partigiane un parziale riscatto del lutto; benché gli studi storici non abbiano ancora chiarito in maniera definitiva le dinamiche dello scontro e le singolari vicende dell’esecuzione degli ostaggi, l’attenzione per la seconda ondata della violenza nazi-fascista ha permesso di estendere la memoria del dramma di Ospitaletto a un arco cronologico che unisce il 13 e il 25 agosto 1944, i due estremi dello stesso orrore. A settant’anni di distanza dalle tragedie dello Spino, i discendenti di Antonio Ferrari – che hanno proseguito la lunga battaglia della sorella del partigiano caduto1 – non hanno ancora avuto la soddisfazione di chiarire fino in fondo gli aloni di mistero che circondano la morte del loro caro antenato, ma possono ricordare il dolore dei giorni più difficili di Ospitaletto nel grande Parco della Memoria che il Comune ha realizzato all’ingresso del borgo per non dimenticare i drammi di tutti i resistenti e i civili che furono travolti dalla violenza nazi-fascista.
Scheda compilata da Daniel Degli Esposti
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Ultimo aggiornamento dei dati: 2015-12-30 14:33:49
Vittime
Elenco vittime
1. Agostino Longini: nato il 1 gennaio 1922 a Nonantola (MO), figlio di Alfonso e Pia Malagoli, residente a Nonantola, partigiano. Il 15 luglio 1944 entra nella Brigata “Selvino Folloni” con il nome di battaglia “Tedesco”. Il 17 agosto 1944 viene sorpreso dai tedeschi a Selva di Puianello insieme ad altri partigiani della sua formazione: catturato nel corso del combattimento, viene disarmato e fucilato poche ore dopo.
2. Ivaldo Maccaferri: nato a Carpi (MO) il 18 agosto 1926, figlio di Olindo e Santa Gambetti, residente a Modena, partigiano. Anche se i bandi di reclutamento della RSI non lo riguardano, decide di andare sull’Appennino per combattere contro il nazi-fascismo; il 19 aprile 1944 si aggrega alla Brigata “Selvino Folloni” e sceglie il nome di battaglia “Ragno”. Il 17 agosto 1944 viene sorpreso dai tedeschi a Selva di Puianello insieme ad altri partigiani della sua formazione: catturato nel corso del combattimento, viene disarmato e fucilato poche ore dopo, il giorno prima del suo diciottesimo compleanno.
3. Livio Arrigo Pelliccioli: nato a Modena il 3 aprile 1927, figlio di Umberto e di Alma Corbelli, partigiano. Quando l’occupazione nazista travolge l’Italia, ha solo 16 anni e non rientra nelle liste di leva di Salò, ma il 10 maggio 1944 va in montagna per aggregarsi alla Brigata “Selvino Folloni”. Mentre si trova con un gruppo di partigiani nei pressi di Ospitaletto; la rappresaglia nazi-fascista del 13 agosto sconvolge la collina e rende difficili i collegamenti fra i “ribelli della montagna”. Quattro giorni dopo, Livio Arrigo è catturato a Monfestino durante uno scontro con i tedeschi: secondo Ilva Vaccari, viene impiccato il giorno stesso ai margini di un bosco.
4. Giorgio Fontanili: nato a Marano sul Panaro, civile. Caduto nella rappresaglia di Puianello il 17 agosto 1944.
Elenco vittime civili 1
Giorgio Fontanili
Elenco vittime partigiani 3
Agostino Longini,
Ivaldo Maccaferri,
Livio Arrigo Pelliccioli
Responsabili o presunti responsabili
Elenco reparti responsabili
Memorie
Memorie legate a questa strage
luogo della memoria a Marano sul Panaro
Tipo di memoria: luogo della memoria
Ubicazione: Marano sul Panaro
Anno di realizzazione: 2014
Descrizione: Nel 2014 l’Amministrazione comunale di Marano sul Panaro ha inaugurato un parco della memoria dedicato alle vittime della violenza nazi-fascista del 12-25 agosto 1944.