Descrizione
Località Rossetta, Bagnacavallo, Ravenna, Emilia-Romagna
Data 5 maggio 1944
Matrice strage Fascista
Numero vittime 1
Numero vittime uomini 1
Numero vittime uomini adulti 1
Descrizione: Nonostante le difficoltà iniziali, nella primavera del 1944 le azioni partigiane aumentano considerevolmente. Grande successo viene riscosso dalle giornate Gap, ideate dai partigiani anche «per collaudare la volontà popolare [poiché] in quel giorno tutti coloro che erano legati all’organizzazione […] dovevano passare all’azione». Nell’aprile del 1944 si registra un inasprimento dello scontro da parte di tutti i contendenti. Le disposizioni partigiane parlano di «sterminio» dei fascisti, ma già a fine mese si comprende la necessità di regolamentare gli attacchi a questi ultimi perché «ognuno che uccida si senta un giustiziere e non un assassino». Secondo tale prospettiva, i fascisti di grado minore, prima di essere assaliti, devono essere “giudicati” dal comitato provinciale di Liberazione o dai tribunali partigiani per atti quali lo spionaggio, l’accaparramento e per le violenze e i crimini commessi contro antifascisti e civili. Nel frattempo, il 7 aprile Kesselring dirama una serie di ordini che prevedono azioni pianificate contro le bande, garantiscono l’impunità per interventi «troppo decisi» e indicano alcune procedure da seguire come l’arresto, senza distinzioni sociali o personali, di civili presenti sul luogo dell’azione partigiana. Il 18 aprile, anche il Comando Provinciale di Novara della Gnr invia una circolare a tutti gli uffici dipendenti relativa alla conduzione della lotta contro i banditi in cui si riafferma il concetto di “responsabilità collettiva” definita però sulla base delle appartenenze politiche piuttosto che sulla base dell’effettiva partecipazione alle azioni partigiane. In seguito all’introduzione di questo concetto, unitamente al mancato riconoscimento dei partigiani come combattenti regolari, la lotta antipartigiana diviene anche lotta contro i civili. Lo scontro viene riportato tra “fascisti” e “non-fascisti”, ovvero tra “italiani” e “traditori”. Questa strategia ha i suoi effetti, visibili anche attraverso l’aumento, nei mesi successivi, del fenomeno della delazione.
Questo è lo scenario in cui si registra un inasprimento degli omicidi di matrice partigiana e fascista. Questo è lo scenario in cui si registra un inasprimento degli omicidi di matrice partigiana e fascista. In aprile gli omicidi nazifascisti salgono a 7, in maggio si mantengono costanti mentre in giugno salgono a 11. La grande maggioranza sono compiuti in circostante diverse dallo scontro armato tipico della battaglia. Gli omicidi sono compiuti un po' ovunque nel territorio provinciale ed in particolar modo nelle frazioni dove la morte di una singola persona incide notevolmente sulle comunità di ridotte dimensioni. L'assassinio di Zoli si inserisce in questo contesto ed esprime l'inasprimento dello scontro.
L’8 marzo Guido Zoli, non iscritto al PFR ma iscritto al PFN dal 1922 al 25 luglio 1943, ha accompagnato il nipote Silvio alla caserma Italo Balbo in seguito alla chiamata della classe 1924.
Qui Silvio trascorre il suo tempo con l’amico Edmondo Ravaioli e il cugino Adriano Zoli. Ben presto i tre ragazzi si accorgono della grande carenza di disciplina. Tra la massa delle reclute ci sono molti che li incitano a scappare per evitare di essere mandati al fronte. La fuga delle reclute è una realtà quotidiana. Nei pochi giorni che restano in caserma comprendono che non vi è nessun controllo su di loro. Ravaioli un sabato si allontana dalla caserma per farvi ritorno solo il lunedì mattina. Non riceve alcuna punizione. Gli ufficiali non esercitano alcuna azione morale e i tre giovani si danno «degli imbecilli perché [si sono] presentati alle armi». Verso il 13 marzo partecipano ad un’adunata nei vicini giardini pubblici, nella quale un generale dell’esercito mutilato di una gamba, tiene a tutte le reclute un discorso di esaltazione patriottica. Andato via il generale i tre ragazzi si accorgono che i loro ufficiali sorridono delle parole del generale. I tre giovani ne restano male impressionati e decidono di fuggire.
Il 20 marzo si allontanano dalla caserma. Per un mese e mezzo girano per le campagne trovando ospitalità nella case dei contadini, alloggiando un po’ ovunque e cibandosi di ciò che regalano loro i contadini. Solo il 4 maggio decidono di presentarsi a casa dello zio Guido che però non li vuole accogliere in casa. Tuttavia concede loro di dormire nel fienile quella notte.
La mattina successiva, il comando dell’81ª legione ordina di inviare, con un furgoncino, una pattuglia di 5 legionari in abito civile nella zona di Alfonsine, Fusignano e Bagnacavallo allo scopo di tentare di rintracciare l’omicida del milite Aldo Montanari e del carabiniere Fernando Bignardi. Nel corso della perlustrazione la pattuglia trova, lungo le strade della frazione Rossetta, bandierine rosse con falce e martello, attaccate ai pali del telegrafo. I militi si fermano presso la casa di contadini più vicina per farle togliere ai contadini stessi.
I militi arrivano anche a casa di Guido Zoli. Silvio, Edmondo e Adriano, che in quel momento sono in piedi dietro al fienile, pensano che siano lì per loro e si danno alla fuga. I militi ordinano l’altolà. Solo Silvio ed Edmondo si fermarono, mentre Adriano continua a correre attraverso i campi. I militi, fra i quali Antonio Porisini, Natale Ancarani e Antonio Pavirani, sparano. Adriano si nasconde in un fosso ma, vedendo arrivare Ancarani e Pavirani, ne esce con le mani in alto. Ancarani spara comunque una raffica di mitra uccidendolo. Dopodiché i cinque militi perquisiscono l’abitazione di dello zio Guido che fanno salire sul furgoncino insieme a Silvio e ad Edmondo per trasportarli nelle carceri di Ravenna. Da queste, trascorsi alcuni giorni Guido ne uscirà e tornerà a casa mentre Silvio ed Edmondo saranno deportati in Germania, da dove rimpatrieranno solo a guerra finita.
Nella relazione del 9 maggio stilata dall’UPI del comando provinciale della GNR di Ravenna, il comandante interinale, tenente colonnello Bernardi scriverà:
«Il capo famiglia, Zoli Guido 1887, contadino, all’arrivo della pattuglia trovasasi nei campi a lavorare a circa 100 m dalla casa. In un primo momento venne chiamato per dirgli di togliere le bandierine ma poi l’attenzione ricadde sui 3 giovani. Non furono trovate armi addosso né ad Adriano né agli altri Zoli. Però da una perquisizione nel capanno dove avevano trascorso la notte vennero rinvenute 3 pistole. Zoli Guido fu rimesso in libertà poiché viste le buone informazioni politico-morali avute sul suo conto non si sono ravvisati gli estremi per denunciarlo per il reato di favoreggiamento».
Dal canto suo la questura aveva già stilato il 7 maggio un rapporto strutturato secondo i consueti falsi elementi giustificatori:
«Nel pomeriggio del 5 maggio alcune GNR sorprendevano nell’abitazione di Zoli Guido fu Angelo di anni 57, sita nella frazione Rossetta di Bagnacavallo, i nipoti Zoli Adriano di Cesare della classe 1923, Zoli Silvio fu Giuseppe della classe 1924 e Ravioli Edmondo di Mario della classe 1923, tutti del luogo, disertori. Lo Zoli Adriano, trovato armato di pistola carica di 6 cartucce, veniva sul posto passato per le armi, mentre lo Zoli Silvio ed il Ravaioli Edmondo venivano tratti in arresto, e non furono passati per le armi […] poiché le armi di cui erano in possesso non vennero loro trovate indosso bensì nascoste in un pagliaio vicino. Veniva tratto in arresto anche lo zio dei predetti Zoli Guido».
Modalità di uccisione: uccisione con armi da fuoco
Tipo di massacro: rastrellamento
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Estremi e note penali: Porisini Antonio, imputato di aver collaborato col tedesco invasore [e oltretutto ] di aver partecipato all’uccisione di Zoli Adriano. Con sentenza del 18/06/46 la corte rileva che Porisini non può aver sparato a Sintoni ma, comunque, lo giudica colpevole del reato di collaborazione ascrittogli nei limiti di cui alla sentenza ed in concorso delle circostanze di cui l’art. 62 bis cp e lo condanna alla pena di anni 30 di reclusione e quattro anni di libertà vigilata, spese processuali e altre conseguenze di legge. Ordina la confisca dei suoi beni.
Ancarani Natale, imputato di aver collaborato col tedesco invasore [e oltretutto ] di aver , in correità con altri e con premeditazione, agendo per fine fascista, causato volontariamente la morte di Zoli Adriano. Con sentenza del 23/10/45 la corte lo giudica colpevole del delitto di collaborazione, restando nello stesso assorbita l’imputazione di cui alla lett.b) e lo condanna quindi alla pena di morte mediante fucilazione alla schiena. Ordina che la presente sia, per estratto, affissa nei comuni di Ravenna, Alfonsine e Bagnacavallo e pubblicata nei giornali ‘Democrazia’ e ‘Romagna proletaria’ di Ravenna. Con sentenza in data 3.12.45 la Corte di Cassazione di Roma annulla la sentenza impugnata dal condannato limitatamente alla mancata motivazione delle attenuanti generiche, rigetta sul resto e rinvia pel nuovo giudizio in ordine al motivo accolto alla Corte d’Assise straordinaria di Ferrara. Con ordinanza della camera di consiglio la C.S Appello V° l’art. 65 n.2 cp DLL 22.6.46 n.4 e 9.2.48 n.42, riduce la pena inflitta all’Ancarani con la sentenza 20.7.46 della C.A.S di Ravenna in quella di anni 24 di reclusione e non di 30 anni, ridotta pei due condoni di cui sopra ad anni 8. Bologna, 30.1.1950.
Scheda compilata da ENRICA CAVINA
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Ultimo aggiornamento dei dati: 2016-06-04 09:33:24
Vittime
Elenco vittime
Zoli Adriano, di 20 anni, nato il 7/10/1923 a Fusignano, risulta partigiano volontario della 28ª Brigata Garibaldi dal 10/04/44.
Elenco vittime disertori 1
Zoli Adriano
Responsabili o presunti responsabili
Elenco reparti responsabili
Elenco persone responsabili o presunte responsabili
Antonio Porisini
Nome Antonio
Cognome Porisini
Stato imputato in procedimento
Note responsabile Porisini Antonio, imputato di procedimento.
Note procedimento Porisini Antonio, imputato di aver collaborato col tedesco invasore [e oltretutto ] di aver partecipato all’uccisione di Zoli Adriano. Con sentenza del 18/06/46 la corte rileva che Porisini non può aver sparato a Sintoni ma, comunque, lo giudica colpevole del reato di collaborazione ascrittogli nei limiti di cui alla sentenza ed in concorso delle circostanze di cui l’art. 62 bis cp e lo condanna alla pena di anni 30 di reclusione e quattro anni di libertà vigilata, spese processuali e altre conseguenze di legge. Ordina la confisca dei suoi beni.
Tipo di reparto fascista Guardia Nazionale Repubblicana
Nome del reparto GNR di Ravenna
Natale Ancarani
Nome Natale
Cognome Ancarani
Ruolo nella strage Autore
Stato imputato in procedimento
Note responsabile Ancarani Natale, imputato di procedimento.
Note procedimento Ancarani Natale, imputato di aver collaborato col tedesco invasore [e oltretutto ] di aver , in correità con altri e con premeditazione, agendo per fine fascista, causato volontariamente la morte di Zoli Adriano. Con sentenza del 23/10/45 la corte lo giudica colpevole del delitto di collaborazione, restando nello stesso assorbita l’imputazione di cui alla lett.b) e lo condanna quindi alla pena di morte mediante fucilazione alla schiena. Ordina che la presente sia, per estratto, affissa nei comuni di Ravenna, Alfonsine e Bagnacavallo e pubblicata nei giornali ‘Democrazia’ e ‘Romagna proletaria’ di Ravenna. Con sentenza in data 3.12.45 la Corte di Cassazione di Roma annulla la sentenza impugnata dal condannato limitatamente alla mancata motivazione delle attenuanti generiche, rigetta sul resto e rinvia pel nuovo giudizio in ordine al motivo accolto alla Corte d’Assise straordinaria di Ferrara. Con ordinanza della camera di consiglio la C.S Appello V° l’art. 65 n.2 cp DLL 22.6.46 n.4 e 9.2.48 n.42, riduce la pena inflitta all’Ancarani con la sentenza 20.7.46 della C.A.S di Ravenna in quella di anni 24 di reclusione e non di 30 anni, ridotta pei due condoni di cui sopra ad anni 8. Bologna, 30.1.1950.
Tipo di reparto fascista Guardia Nazionale Repubblicana
Nome del reparto GNR di Ravenna
Memorie
Memorie legate a questa strage
lapide a via Rossetta, Rossetta, Bagnacavallo
Tipo di memoria: lapide
Ubicazione: via Rossetta, Rossetta, Bagnacavallo
Descrizione: Lapide in memoria dei 46 caduti, militari e civili della seconda guerra mondiale, posta a Rossetta in via Rossetta.