Descrizione
Località via Belvedere, Ravenna, Ravenna, Ravenna, Emilia-Romagna
Data 31 luglio 1944
Matrice strage Fascista
Numero vittime 3
Numero vittime uomini 3
Numero vittime uomini adulti 3
Descrizione: In luglio i rastrellamenti diventano uno strumento non solo di “ripulitura” del territorio dalle «bande», ma anche un mezzo necessario per il mantenimento dell’economia di guerra nazista. Nel corso del mese precedente gli «umori della popolazione» sono notevolmente peggiorati. All’opinione diffusa sull’imminente arrivo delle truppe angloamericane si sono aggiunte le violenze contro i civili perpetrate dalle truppe tedesche acquartierate temporaneamente in singole località. I soldati procedono alla «confisca sistematica di mezzi di trasporto meccanici e a trazione animale e di generi alimentari». Ma ancora più inquietanti sono le razzie compiute dalle truppe in transito. La popolazione urbana tende a trasferirsi in campagna determinando una diminuzione della manodopera nelle città e nei centri di lavoro. «Addirittura la popolazione rurale solitamente laboriosa sta rinunciando a darsi da fare aspettando l’evolversi degli eventi. In alcune zone la resistenza passiva si va trasformando in sabotaggio». Gli attacchi aerei rendono del tutto inutile la propaganda nazista praticata nelle province di Ravenna e Forlì per pubblicizzare la paga distribuita agli operai che prestino lavoro volontario nella Todt.
Ancora alla fine di giugno si accolgono i “ritardatari” delle classi 1920 e 1926 chiamati a presentarsi, per il «servizio del lavoro» dal 15 al 24 giugno. Le risposte variano da provincia a provincia: per la classe 1926 si presentano a Ferrara 553 richiamati su 2.500, a Forlì 82 su 4.000, a Ravenna 51 su 1.800; mentre per la classe 1920 a Ferrara 135 su 4.400, a Forlì 65 su 4.500 e a Ravenna 56 su 1.900. Le «straordinariamente basse» cifre delle province di Forlì e Ravenna sono imputate all’«epidemia di comunisti, ribelli e banditi e alla forte influenza della propaganda nemica». I numeri di riferimento assoluti sono quelli delle liste del distretto militare che devono essere aggiornate in negativo poiché comprendevano ancora i prigionieri, gli internati, i caduti, i dispersi. Secondo l’amministrazione tedesca «le autorità italiane non [hanno] mai preso davvero serie e concrete misure punitive nell’attuazione» dell’obbligo di leva e «sebbene i capi delle province [abbiano] promesso di punire i renitenti con le misure più gravi (fucilazioni, arresto di chi non si presenta o dei loro parenti o sanzioni pecuniarie) il risultato dell’azione di polizia [è] piuttosto misero».
A fronte di una popolazione ostile, la «lotta alle bande» inizia a costituire più che una questione di ordine interno, uno strumento di coesione tra i “fedeli” della RSI e tra questi e gli alleati nazisti.
Nel mese di luglio, la MK 1006 rileva che l’«attività delle bande», ad esclusione dell’area forlivese, non ha subito sostanziali modifiche. Ciò è anche da imputarsi all’occupazione di diverse località con unità militari tedesche. Numerosi invece sono stati i casi di sabotaggio delle linee elettriche e ferroviarie, i saccheggi, gli incendi dolosi e gli attacchi a italiani. I nazisti pongono una netta distinzione tra «bande» contro le quali è possibile dover ingaggiare scontri armati e le azioni di sabotaggio che seppur fastidiose non sono destabilizzanti per le loro truppe. Negli attentati in pianura non sono ancora i soldati tedeschi a morire ma i fascisti. La resistenza ravennate costituisce un pericolo in primis per la sua capacità di creare consenso tra la popolazione, sollevare scioperi, sollecitare una resistenza sia passiva che attiva attraverso la solidità di una ampia rete clandestina e la frequenza di sabotaggi, ma non per le sue capacità offensive. Una manifestazione di ciò è la cosiddetta «battaglia del grano».
Il 10 giugno il CLN ordina la sospensione della trebbiatura e un mese dopo, per ordine del triumvirato insurrezionale emiliano-romagnolo del PCI, vengono costituite le squadre di azione patriottica (SAP) che, come gruppi di appoggio ai GAP, hanno il compito di eseguire azioni di sabotaggio e, in particolare, «di impedire la requisizione del grano, degli altri prodotti agricoli e del bestiame» da parte dei tedeschi i quali, con la perdita dell’Ucraina inferta loro dall’esercito comunista russo, hanno dovuto affidarsi alle sole riserve alimentari dell’Italia settentrionale.
Su richiesta del comando militare germanico viene istituito il 17 giugno 1944 sul territorio provinciale il «servizio di difesa del raccolto» che deve essere organizzato dai rispettivi podestà e commissari prefettizi con la collaborazione degli organi di polizia competenti per territorio e dai segretari politici o commissari dei fasci repubblicani. Si prevede la costituzione di squadre di 10 uomini e donne dai sentimenti politici favorevoli entro il 30 giugno.
Nell’estate del 1944 dunque viene combattuta una vera e propria «battaglia del grano» nella quale si manifestano l’entità e la forza degli “schieramenti”. La popolazione dimostra, sia attivamente che passivamente, di propendere per il boicottaggio delle requisizioni di grano da parte di nazisti e fascisti. Tale ostracismo è svolto a partire dai contadini che costituiscono le SAP fino ai proprietari di terreni e trebbiatrici. Dal canto loro, i partigiani devono sottostare a disposizioni precise che vietano l’incendio dei barchi di grano a cui è da preferirsi il sabotaggio delle trebbiatrici sia per mantenere l’appoggio della popolazione, sia per circoscrivere gli episodi di matrice fascista architettati per far ricadere la colpa sui partigiani.
In questo contesto si inserisce la strage del 31 luglio.
La dichiarazione ufficiale della questura sulle cause dell’eccidio segue le formule di rito:
«all’alba del 31 luglio nella via Belvedere di questo capoluogo ad opera di elementi di questa brigata nera venivano passati per armi Melandri Ildo da Lugo, Zoli Francesco da Piangipane di Ravenna e Corniola Leonello da Lugo, perché trovati in possesso di armi»
Si tratta dell’ennesima menzogna. Ad aver ordinato la cattura di Francesco Zoli per indagini di polizia è lo stesso questore Neri che collabora a stretto contatto con il federale Pietro Montanari. La cattura di Zoli, infatti, è decisa in seguito all’uccisione del brigatista Primo Tabanelli, detto “Scianten”, avvenuta il 28 luglio davanti a casa sua. I fascisti repubblicani pensano di compiere immediatamente una rappresaglia e lo stesso giorno inizia un breve rastrellamento. Neri offre una copertura istituzionale alla vendetta tant’è che quando Zoli sarà catturato, lo riconsegnerà alla brigata nera adducendo come spiegazione che «interrogava meglio». Zoli non è l’unico arrestato nel rastrellamento, con lui sono fermati altri due uomini, scelti davvero a caso perché i più sono stati avvisati e si sono nascosti. Si tratta di Aldo Melandri e Leonello Corniola di Lugo, che quella mattina si trovano a Ravenna poiché chiamati dalla società Montecatini per una consegna del corriere. I due uomini, sbrigate le loro commissioni, mentre sono sulla strada di ritorno per rientrare a casa, decidono di fermarsi in un’osteria del sobborgo San Biagio. Una volta entrati, l’oste fa appena in tempo ad avvertirli del pericolo che Melandri e Corniola sono arrestati.
Il giorno successivo la sorella di Melandri, Amelia, e la moglie di Corniola si recano alla federazione per avere notizie. Ad entrambe è assicurata la liberazione del congiunto per l’indomani.
Verso le 3.30 del 31 luglio, invece, tre auto trasportano i tre arrestati in via Belvedere di fronte alla casa dove è stato ucciso Tabanelli. Il plotone di esecuzione è comandato da Giacomo Andreani ed è costituito da Lino Morigi, Sergio Morigi e Chiaro Sutter, ognuno dei quali ha di fronte a sé un arrestato contro cui sparare. Nessuno sbaglia il bersaglio e Leonello, Ildo, Francesco muoiono.
I loro corpi giacciono abbandonati sulla strada piantonati dai brigatisti Zampiga e Morelli.
Modalità di uccisione: fucilazione
Trattamento dei cadaveri: Esposizione dei cadaveri
Tipo di massacro: rappresaglia
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Estremi e note penali: Andreani Giacomo, imputato di aver collaborato col tedesco invasore [per aver oltretutto] ucciso Zoli Francesco, Melandri Ilde e Corniola Leonello, comandando il plotone di esecuzione. Con sentenza del 18 febbraio 1947 la corte lo giudica colpevole di collaborazionismo sia politico che militare nonché di delitti di omicidio aggravati dalla premeditazione e da futili motivi, oggetto del capo d’imputazione e lo condanna alla pena di morte mediante fucilazione alla schiena oltre alle conseguenze di legge. Dispone la confisca totale dei beni. Con declaratoria di questo tribunale in data 23/01/1954 all’Andreani Giacomo veniva commutata la pena di morte in quella della reclusione per anni 10 per il resto di cui alla stessa sentenza. Con declaratoria 29/09/1959 a favore di Andreani Giacomo il tribunale di Ravenna veduto il decreto del PR 11/07/1959 n. 460 (art. 1 lett. A) dichiara estinto il reato di cui sopra.
Morigi Sergio imputato [oltretutto] di avere, in correità con altri, causato volontariamente e con premeditazione, mediante più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, la morte per fine fascista di Zoli Francesco, Melandri Ildo e Corniola Leonello, allo scopo di concretizzare il delitto di collaborazione col tedesco. Con sentenza del 20/07/1945 la corte lo giudica colpevole del reato ascrittogli e quindi lo condanna alla pena di morte mediante fucilazione nella schiena. Ordina che l’esito della presente sia affisso nel comune di Ravenna e pubblicato nel giornale ‘democrazia’ di Ravenna.
Esecuzione avvenuta alle ore 6 del 12 ottobre 1945 nel recinto del tiro a segno Nazionale, via Dall’Aggio di Ravenna, giunta comunicazione del PM n. 24 CP in data 12.10.45.
Amadei Guido imputato [oltretutto] di aver partecipato in Ravenna all’uccisione di Zoli Francesco, Melandri Ildo e Corniola Leonello per rappresaglia a seguito dell’uccisione del fascista Tabanelli Primo. Con sentenza del 24/07/1926 la corte lo giudica colpevole del reato di collaborazionismo con partecipazione all’uccisione di Zoli, Melandri e Corniola e lo condanna ad anni 18 di reclusione, ad anni tre di libertà vigilata; alle spese processuali nonché alla confisca di metà dei beni. Dichiara condonato un terzo della pena detentiva. Visto l’art. 479 CPP dichiara non doversi procedere in ordine ai reati commessi anteriormente all’8 settembre 1943 (lett. b) e c)) perché estinti per amnistia.
Con sentenza 7.3.1947 la Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento di £. 2000 a favore della cassa ammenda. Con declaratoria 25.7.48 la Corte d’Appello di Bologna condona altro terzo di pena in virtù del decreto 9.2.48. Con declaratoria 21.11.59 a favore di Amadei Guido il Tribunale di Ravenna, veduto il decreto 11.7.59 n. 460, art. 1 lett a) dichiara estinto il reato di cui sopra a sensi e per gli effetti dell’art 1 lett. a) citato decreto di amnistia. Riabilitato Amadei Guido con sentenza 5.6.63 della Corte d’appello di Bologna.
Morigi Lino imputato [oltretutto] di avere partecipato all’uccisione di Zoli Francesco, Melandri Ildo e Corniola Leonello. Con sentenza del 24/07/1946 la corte lo giudica colpevole del reato di collaborazionismo e lo condanna ad anni 30 di reclusione, ad anni cinque di libertà vigilata; alle spese e conseguenze di legge, oltre la confisca della totalità dei beni. Dichiara condonato un terzo della pena detentiva a sensi dell’art. 9 del decreto presidenziale 22.6.46, n.4. Con sentenza della Corte di cassazione in data 17.6.47 rigetta il ricorso e condanna all’ammenda di £. 4000. Con declaratoria della Corte d’Appello di Bologna 11.2.50 a favore di Morigi Lino ulteriormente condonato un anno di reclusione pel decreto 23.12.49 n. 930.
Raggi Alvaro imputato [oltretutto] di aver partecipato all’uccisione di Zoli Francesco, Melandri Ildo e Corniola Leonello per rappresaglia. Con sentenza dell'8/10/46 la corte ritiene di non doversi procedere per estinzione dell’azione penale per amnistia ed ordina che il Raggi sia scarcerato se non detenuto per altra causa.
Cantella Natale imputato [oltretutto] di aver partecipato all’uccisione di Zoli Francesco, Melandri Ildo e Corniola Leonello per rappresaglia. Con sentenza del 9/07/46 la corte lo assolve per insufficienza di prove ed ordina che sia scarcerato se non detenuto per altra causa.
Poletti Primo imputato [oltretutto] di avere, in correità con altri, ed agendo con premeditazione per fine fascista, causato volontariamente, mediante più azioni di un medesimo disegno criminoso, la morte di Zoli Francesco, Melandri Ildo e Corniola Leonello, allo scopo di concretizzare il delitto di collaborazione coi tedeschi. Con sentenza del 2/10/45 la corte lo dichiara colpevole del delitto di collaborazione e lo condanna quindi alla pena della reclusione per anni trenta, all’interdizione perpetua dai pubblici uffici, all’interdizione legale durante l’espiazione della pena ed al pagamento delle spese processuali.
La Corte di Cassazione, con sentenza 16.12.46, ha annullato la suestesa sentenza rinviando la causa, per nuovo esame, alla Sezione speciale della Corte d’Assise di Perugia.
Camerani Felice imputato [oltretutto] di avere, in correità con altri, ed agendo con premeditazione per fine fascista, causato volontariamente, mediante più azioni di un medesimo disegno criminoso, la morte di Zoli Francesco, Melandri Ildo e Corniola Leonello, allo scopo di concretizzare il delitto di collaborazione coi tedeschi. Con sentenza del 18/12/45 la corte lo giudica colpevole del delitto ascrittogli con esclusione del capo di imputazione suddetto e lo condanna quindi alla pena della reclusione per anni dodici, all’interdizione perpetua dai pubblici uffici, all’interdizione legale durante l’espiazione della pena ed al pagamento delle spese processuali. Declaratoria 16.7.46 per amnistia.
Savorini Alvaro imputato [oltretutto] di aver svolto attività di investigazione politica e di persecuzione contro Zoli Francesco. Con sentenza del 20/12/1945 la corte lo giudica colpevole del delitto di collaborazione, in concorso di attenuanti generiche e lo condanna quindi alla pena della reclusione per anni trenta. La Corte suprema di Cassazione con sent. 27.9.946, ha annullato la suestesa sentenza nei confronti di Savorini Alvaro ed ha rinviato il nuovo giudizio alla Corte d’assise sez speciale di Firenze.
Arcieri Luigi imputato [oltretutto] di avere, in correità con altri, ed agendo con premeditazione per fine fascista, causato volontariamente, mediante più azioni di un medesimo disegno criminoso, la morte di Zoli Francesco, Melandri Ildo e Corniola Leonello, allo scopo di concretizzare il delitto di collaborazione coi tedeschi. Con sentenza del 5/03/46 la corte lo giudica colpevole dei reati ascrittigli e lo condanna ad anni trenta di reclusione, alle spese processuali e alle altre conseguenze di legge. Ordina la confisca dei suoi beni. Con sentenza in data 9.4.47 la Corte di Cassazione annulla la sentenza impugnata per difetto di motivazione sulla richiesta di applicazione della diminuente dell’art. 26 cpmg. e limitatamente a questo punto rinvia, per nuovo giudizio, alla Corte d’assise di Bologna- sezione speciale. Rigetta nel resto.
Con sentenza 9.9.47 la Corte d’assise di Bologna- sezione speciale, nega all’Arcieri le attenuanti di cui all’art. 26 cpmg e conferma conseguentemente la sua condanna ad anni trenta di reclusione, pene accessorie di legge e spese processuali. V° l’art. 9 DP 22.6.46 n.4, riduce ad anni venti di reclusione la pena come sopra inflitta. Con sentenza 13.4.48 la Corte di Cassazione rigetta il ricorso e dichiara condonati altri dieci anni della pena inflitta.
Mazzotti Delmo imputato [oltretutto] di avere, in correità con altri, ed agendo con premeditazione per fine fascista, causato volontariamente, mediante più azioni di un medesimo disegno criminoso, la morte di Zoli Francesco, Melandri Ildo e Corniola Leonello, allo scopo di concretizzare il delitto di collaborazione coi tedeschi. Con sentenza del 5/03/46 la corte lo giudica colpevole dei reati ascrittigli escluso quello del presente capo di imputazione e lo condanna alla pena di morte mediante fucilazione alla schiena. Ordina che la sentenza sia pubblicata per estratto e per una sola volta nel Giornale dell’Emilia di Bologna. Ordina infine la confisca dei beni del condannato. La Corte di Cassazione con sentenza 10.7.46 annulla la suestesa sentenza per difetto di motivazione in ordine alla dichiarazione di responsabilità dell’imputato per concorso nell’omicidio di Montanari Mario e sull’eccidio del Ponte degli Allocchi, nonché in ordine alle (…) esclusioni delle attenuanti generiche ed alla disposta confisca dei beni e rinvia il giudizio su tali punti alla Corte di Assise di Ancona sez. speciale; annulla senza rinvio la sentenza stessa in quanto ha ritenuto (…) per i reati di omicidio l’aggravante della premeditazione. Rigetta sul resto il ricorso del Mazzotti.
Zanzi Arturo imputato [oltretutto] di avere partecipato all’uccisione di Zoli Francesco, Melandri Ildo e Corniola Leonello per rappresaglia. Con sentenza del 5/03/46 la corte lo giudica colpevole del reato ascrittogli e lo condanna ad anni 6 e mesi 8 di reclusione, alle spese processuali, e alla tassa di sentenza. Ordina la confisca di un quinto dei suoi beni. Ordinanza 16.7.46 dichiara inammissibile il ricorso in cassazione. Declaratoria 17.7.46, condonata pena anni 5.
Morelli Agostino imputato [oltretutto] di avere partecipato all’uccisione di Zoli Francesco, Melandri Ildo e Corniola Leonello per rappresaglia. Con sentenza del 23/04/46 la corte lo giudica colpevole del reato ascrittogli e lo condanna alla pena di morte mediante fucilazione alla schiena. Ordina la pubblicazione della sentenza per estratto e per una volta nel Giornale dell’Emilia di Bologna e nella Voce di Romagna di Ravenna. Ordina la confisca dei beni del condannato. La Corte di Cassazione con sentenza 27.7.46 annullava la suestesa sentenza per difetto di motivazione sulla natura ed entità dell’opera di collaborazione svolta dall’imputato e rinviava la causa per nuovo esame alla sezione speciale della Corte d’Assise di Bologna.
Buda Sante imputato [oltretutto] di avere, in correità con altri, ed agendo con premeditazione per fine fascista, causato volontariamente, mediante più azioni di un medesimo disegno criminoso, la morte di Zoli Francesco, Melandri Ildo e Corniola Leonello, allo scopo di concretizzare il delitto di collaborazione coi tedeschi. Con sentenza del 6/09/45 la corte lo giudica colpevole del delitto di collaborazione, restando nello stesso assorbite le altre imputazioni e lo condanna quindi alla pena della reclusione per anni trenta, all’interdizione perpetua dai pubblici uffici, all’interdizione legale durante l’espiazione della pena ed al pagamento delle spese processuali. La Corte di Cassazione con sentenza 23.7.46 annullava la suesposta sentenza e rinviava il processo per nuovo esame, alla Corte di Assise di Forlì.
Tribunale competente:
Tribunale di Ravenna - Corte d'Assise straordinaria fino alla sentenza del 15 gennaio 1946 e Sezione speciale della Corte d'Assise dalla sentenza del 17 gennaio 1946.
Scheda compilata da Enrica Cavina
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Ultimo aggiornamento dei dati: 2016-01-06 10:50:50
Vittime
Elenco vittime
1. Corniola Leonello di 31 anni.
2. Melandri Ildo di 53 anni.
3. Zoli Francesco di 34 anni, nato il 3/10/1909, residente a Piangipane, risulta partigiano volontario nella 28ª Brigata Garibaldi dal 10/11/1943.
Elenco vittime civili 2
Corniola Leonello.
Melandri Ildo
Elenco vittime partigiani 1
Zoli Francesco
Responsabili o presunti responsabili
Elenco reparti responsabili
Elenco persone responsabili o presunte responsabili
Alvaro Savorini
Nome Alvaro
Cognome Savorini
Ruolo nella strage Autore
Stato imputato in procedimento
Note responsabile Savorini Alvaro, di anni 36, da Ravenna, ammogliato, ex barbiere, già condannato per furto, sottufficiale in servizio effettivo nel Mvsn e dopo il settembre 1943 nella Gnr. Infine operò come membro dell\'UPI.
Note procedimento Savorini Alvaro imputato [oltretutto] di aver svolto attività di investigazione politica e di persecuzione contro Zoli Francesco. Con sentenza del 20/12/1945 la corte lo giudica colpevole del delitto di collaborazione, in concorso di attenuanti generiche e lo condanna quindi alla pena della reclusione per anni trenta. La Corte suprema di Cassazione con sent. 27.9.946, ha annullato la suestesa sentenza nei confronti di Savorini Alvaro ed ha rinviato il nuovo giudizio alla Corte d’assise sez speciale di Firenze.
Arturo Zanzi
Nome Arturo
Cognome Zanzi
Ruolo nella strage Autore
Stato imputato in procedimento
Note responsabile Zanzi Arturo, imputato di procedimento.
Note procedimento Zanzi Arturo imputato [oltretutto] di avere partecipato all’uccisione di Zoli Francesco, Melandri Ildo e Corniola Leonello per rappresaglia. Con sentenza del 5/03/46 la corte lo giudica colpevole del reato ascrittogli e lo condanna ad anni 6 e mesi 8 di reclusione, alle spese processuali, e alla tassa di sentenza. Ordina la confisca di un quinto dei suoi beni. Ordinanza 16.7.46 dichiara inammissibile il ricorso in cassazione. Declaratoria 17.7.46, condonata pena anni 5.
Giacomo Andreani
Nome Giacomo
Cognome Andreani
Ruolo nella strage Autore
Stato imputato in procedimento
Note responsabile Iscritto al PNF dal 2 giugno 1926, Andreani entrò nel libro paga della federazione per i servizi forniti in qualità di direttore di una società di vigilanza, «società sorta sotto gli auspici della federazione con lo scopo di poter anche fornire delle informazioni di carattere politico». Quando Luciano Rambelli, continuatore della corrente di Giuseppe Frignani prima guida del fascismo ravennate, fu nominato federale nel 1934, lo assunse come guardia del corpo insieme a Leonida Bedeschi per la cui uccisione nell’estate del 1944 fu decisa la strage del ponte degli Allocchi. Il gruppo di cui Rambelli faceva parte resse le sorti della città fino al 1940 quando Ettore Muti, leader della corrente avversa, promosse, in qualità di segretario del PNF, un’ispezione che mise in rilievo le frodi perpetrate per quasi un ventennio da Frignani e i suoi uomini. Mentre Rambelli veniva allontanato dal capoluogo ravennate con una promozione alla presidenza di un consorzio agrario del Lazio e Frignani veniva «invitato a disinteressarsi della situazione politica di Ravenna e a dimettersi da consigliere della locale Cassa di Risparmio», Andreani veniva esonerato dall’ufficio che rivestiva presso la federazione. Da allora fino alla costituzione delle squadre d’azione della RSI si appartò completamente dedicandosi al commercio di vini e di acque minerali. Nel periodo in cui Andreani aveva lavorato per Rambelli era divenuto pratico della composizione politica della città e di varie forme di estorsione, tant’è che ancora nel giugno 1941 in una relazione riservata sulla situazione morale e politica della provincia si ricordavano quegli anni come un «fenomeno di gangsterismo politico». Andreani, che negli anni Trenta aveva provveduto alla schedatura di tutti gli iscritti al fascio ravennate, aveva contemporaneamente prodotto schedari, il cui impianto e aggiornamento era stato reso possibile mediante la collaborazione dell’ufficio anagrafe, «dei comunisti, degli antifascisti e dei non iscritti in genere con tutte le indicazioni concernenti l’attività, le vicende, le abitudini, le punizioni, i precedenti penali, ecc… Dato l’ascendente (chiamiamolo così) che Andreani aveva sulla popolazione di Ravenna e provincia non si può negare che la sua scelta nell’organizzazione dei veglioni e delle lotterie sia stata felice. Infatti tutti si premuravano di rispondere sollecitamente agli inviti e nessun biglietto rimaneva invenduto!». Montefusco, autore dell’ispezione del 1940 aveva riscontrato che Andreani aveva gestito al di fuori della federazione l’organizzazione di veglioni mascherati a favore delle opere assistenziali di cui la federazione si faceva promotrice. Andreani emetteva ricevute personali e solitamente registrava a fine operazione un avanzo tra incassi e spese di poco più di mille lire. Non era dunque possibile stabilire la correttezza delle operazioni ma di certo la procedura non era legale. Quando Grazioli fu nominato capo della provincia, Andreani, come molti altri della “vecchia guardia”, riguadagnò potere e con l’istituzione delle BN un ruolo di comando di fatto. La scelta di Andreani, alla luce di quanto ricostruito, non era dunque solo legata alla sua esperienza del tessuto sociale del capoluogo. Andreani era un uomo sicuro per chi avesse voluto compiere azioni illegali e abusi di potere. Dopo il trasferimento a Ferrara, Andreani portò con sé gran parte del “bottino” recuperato nei giorni precedenti la fuga. Si trasferì con la brigata in un primo momento a Nogara dove stazionò per circa due mesi. Nel gennaio 1945 si spostò a Orgiano e nel marzo 1945 un’ultima volta a Intra fino alla completa disfatta dell’esercito nazista e fascista. Prima della disfatta riuscì a fuggire tant’è che fu processato in contumacia e condannato alla pena di morte il 18 febbraio 1947. Con declaratoria del 23 gennaio 1954 il tribunale di Ravenna gli commutò la pena di morte in quella della reclusione per 10 anni e con declaratoria del 29 settembre 1959 il suo reato fu dichiarato estinto. Andreani fu espressione di una gruppo di brigatisti che aveva già espresso la sua propensione all’uso della violenza e della frode durante il regime. Nato nel 1906, Andreani aveva già quasi 40 anni quando fu posto al comando di fatto della BN ravennate, mentre completamente altra fu l’esperienza dei comandanti della BN di Lugo, Massa Lombarda e Faenza.
Note procedimento Andreani Giacomo, imputato di aver collaborato col tedesco invasore [per aver oltretutto] ucciso Zoli Francesco, Melandri Ilde e Corniola Leonello, comandando il plotone di esecuzione. Con sentenza del 18 febbraio 1947 la corte lo giudica colpevole di collaborazionismo sia politico che militare nonché di delitti di omicidio aggravati dalla premeditazione e da futili motivi, oggetto del capo d’imputazione e lo condanna alla pena di morte mediante fucilazione alla schiena oltre alle conseguenze di legge. Dispone la confisca totale dei beni. Con declaratoria di questo tribunale in data 23/01/1954 all’Andreani Giacomo veniva commutata la pena di morte in quella della reclusione per anni 10 per il resto di cui alla stessa sentenza. Con declaratoria 29/09/1959 a favore di Andreani Giacomo il tribunale di Ravenna veduto il decreto del PR 11/07/1959 n. 460 (art. 1 lett. A) dichiara estinto il reato di cui sopra.
Tipo di reparto fascista Brigata Nera
Nome del reparto 29. Brigata nera “Ettore Muti” di Ravenna
Guido Amadei
Nome Guido
Cognome Amadei
Ruolo nella strage Autore
Stato imputato in procedimento
Note responsabile Amadei Guido, dopo l’8 settembre 1943, si iscrisse al PFR e quindi passò nei ranghi della Guardia repubblicana facendo successivamente, ossia nel febbraio 1944, parte dell’Ufficio investigativo della locale federazione e, poscia, della locale Brigata nera, di cui fu uno dei più feroci elementi.
Note procedimento Amadei Guido imputato [oltretutto] di aver partecipato in Ravenna all’uccisione di Zoli Francesco, Melandri Ildo e Corniola Leonello per rappresaglia a seguito dell’uccisione del fascista Tabanelli Primo. Con sentenza del 24/07/1926 la corte lo giudica colpevole del reato di collaborazionismo con partecipazione all’uccisione di Zoli, Melandri e Corniola e lo condanna ad anni 18 di reclusione, ad anni tre di libertà vigilata; alle spese processuali nonché alla confisca di metà dei beni. Dichiara condonato un terzo della pena detentiva. Visto l’art. 479 CPP dichiara non doversi procedere in ordine ai reati commessi anteriormente all’8 settembre 1943 (lett. b) e c)) perché estinti per amnistia. Con sentenza 7.3.1947 la Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento di £. 2000 a favore della cassa ammenda. Con declaratoria 25.7.48 la Corte d’Appello di Bologna condona altro terzo di pena in virtù del decreto 9.2.48. Con declaratoria 21.11.59 a favore di Amadei Guido il Tribunale di Ravenna, veduto il decreto 11.7.59 n. 460, art. 1 lett a) dichiara estinto il reato di cui sopra a sensi e per gli effetti dell’art 1 lett. a) citato decreto di amnistia. Riabilitato Amadei Guido con sentenza 5.6.63 della Corte d’appello di Bologna.
Tipo di reparto fascista Brigata Nera
Nome del reparto 29. Brigata nera “Ettore Muti” di Ravenna
Lino Morigi
Nome Lino
Cognome Morigi
Ruolo nella strage Collaboratore
Stato imputato in procedimento
Note responsabile Morigi Lino fu squadrista e legionario d’Africa, dopo l’8 settembre 1943 fu uno dei primi a iscriversi al PFR, entrando successivamente nei ranghi della locale brigata nera di cui divenne uno dei capi più faziosi e violenti per il suo temperamento prepotente e indisciplinato per cui era temuto negli ambienti della stessa federazione.
Note procedimento Morigi Lino imputato [oltretutto] di avere partecipato all’uccisione di Zoli Francesco, Melandri Ildo e Corniola Leonello. Con sentenza del 24/07/1946 la corte lo giudica colpevole del reato di collaborazionismo e lo condanna ad anni 30 di reclusione, ad anni cinque di libertà vigilata; alle spese e conseguenze di legge, oltre la confisca della totalità dei beni. Dichiara condonato un terzo della pena detentiva a sensi dell’art. 9 del decreto presidenziale 22.6.46, n.4. Con sentenza della Corte di cassazione in data 17.6.47 rigetta il ricorso e condanna all’ammenda di £. 4000. Con declaratoria della Corte d’Appello di Bologna 11.2.50 a favore di Morigi Lino ulteriormente condonato un anno di reclusione pel decreto 23.12.49 n. 930.
Tipo di reparto fascista Brigata Nera
Nome del reparto 29. Brigata nera “Ettore Muti” di Ravenna
Luigi Arcieri
Nome Luigi
Cognome Arcieri
Ruolo nella strage Autore
Stato imputato in procedimento
Note responsabile Arcieri Luigi si iscrisse tra i primi al Pfr, dimostrandosi subito un esaltato, privo di scrupoli, sul principio entrò a far parte del Battaglione cosiddetto della Morte, poi della Polizia federale e infine della Brigata nera, nella quale si distinse per il suo carattere violento.
Note procedimento Arcieri Luigi imputato [oltretutto] di avere, in correità con altri, ed agendo con premeditazione per fine fascista, causato volontariamente, mediante più azioni di un medesimo disegno criminoso, la morte di Zoli Francesco, Melandri Ildo e Corniola Leonello, allo scopo di concretizzare il delitto di collaborazione coi tedeschi. Con sentenza del 5/03/46 la corte lo giudica colpevole dei reati ascrittigli e lo condanna ad anni trenta di reclusione, alle spese processuali e alle altre conseguenze di legge. Ordina la confisca dei suoi beni. Con sentenza in data 9.4.47 la Corte di Cassazione annulla la sentenza impugnata per difetto di motivazione sulla richiesta di applicazione della diminuente dell’art. 26 cpmg. e limitatamente a questo punto rinvia, per nuovo giudizio, alla Corte d’assise di Bologna- sezione speciale. Rigetta nel resto. Con sentenza 9.9.47 la Corte d’assise di Bologna- sezione speciale, nega all’Arcieri le attenuanti di cui all’art. 26 cpmg e conferma conseguentemente la sua condanna ad anni trenta di reclusione, pene accessorie di legge e spese processuali. V° l’art. 9 DP 22.6.46 n.4, riduce ad anni venti di reclusione la pena come sopra inflitta. Con sentenza 13.4.48 la Corte di Cassazione rigetta il ricorso e dichiara condonati altri dieci anni della pena inflitta.
Tipo di reparto fascista Brigata Nera
Nome del reparto 29. Brigata nera “Ettore Muti” di Ravenna
Primo Poletti
Nome Primo
Cognome Poletti
Ruolo nella strage Autore
Stato imputato in procedimento
Note responsabile Poletti Primo, imputato di procedimento.
Note procedimento Poletti Primo imputato [oltretutto] di avere, in correità con altri, ed agendo con premeditazione per fine fascista, causato volontariamente, mediante più azioni di un medesimo disegno criminoso, la morte di Zoli Francesco, Melandri Ildo e Corniola Leonello, allo scopo di concretizzare il delitto di collaborazione coi tedeschi. Con sentenza del 2/10/45 la corte lo dichiara colpevole del delitto di collaborazione e lo condanna quindi alla pena della reclusione per anni trenta, all’interdizione perpetua dai pubblici uffici, all’interdizione legale durante l’espiazione della pena ed al pagamento delle spese processuali. La Corte di Cassazione, con sentenza 16.12.46, ha annullato la suestesa sentenza rinviando la causa, per nuovo esame, alla Sezione speciale della Corte d’Assise di Perugia.
Sante Buda
Nome Sante
Cognome Buda
Ruolo nella strage Autore
Stato imputato in procedimento
Note responsabile Buda Sante, detto Mariolin di Siriot, d’anni 35, operaio, coniugato con cinque figli, già condannato per furto e lesioni volontarie, militare di leva di marina , congedato nel 1934, operaio presso la ditta Callegari dal 1932 al 1939, arruolato nella MVSN nel dicembre 1940, venne successivamente radiato dalla stessa e dal PNF al quale era iscritto dal 1931, volontario nella Marina dalla fine del 1941 al settembre 1943, nella fine di quest’anno si iscrisse al PFR attenendo così d’essere occupato quale telefonista presso la Federazione repubblicana di Ravenna. Si arruolò poi nella GNR dalla quale, nella fine del luglio 1944, passò alla Brigata nera. Prestò servizio in Ravenna fin verso la fine di ottobre 1944, nella quale epoca ripiegò con la Brigata verso il nord, trasferendosi in varie località finché, nella fine di aprile 1944, fu catturato dai partigiani e prelevato dalle carceri di Lonigo, poiché colpito da mandato di cattura emesso dal Giudice Istruttore del tribunale di Ravenna per sequestro di persone ed omicidi, il 19 giugno 1945 venne tradotto nelle carceri ravennati.
Note procedimento Buda Sante imputato [oltretutto] di avere, in correità con altri, ed agendo con premeditazione per fine fascista, causato volontariamente, mediante più azioni di un medesimo disegno criminoso, la morte di Zoli Francesco, Melandri Ildo e Corniola Leonello, allo scopo di concretizzare il delitto di collaborazione coi tedeschi. Con sentenza del 6/09/45 la corte lo giudica colpevole del delitto di collaborazione, restando nello stesso assorbite le altre imputazioni e lo condanna quindi alla pena della reclusione per anni trenta, all’interdizione perpetua dai pubblici uffici, all’interdizione legale durante l’espiazione della pena ed al pagamento delle spese processuali. La Corte di Cassazione con sentenza 23.7.46 annullava la suesposta sentenza e rinviava il processo per nuovo esame, alla Corte di Assise di Forlì.
Tipo di reparto fascista Brigata Nera
Nome del reparto 29. Brigata nera “Ettore Muti” di Ravenna
Sergio Morigi
Nome Sergio
Cognome Morigi
Ruolo nella strage Autore
Stato imputato in procedimento
Note responsabile Morigi Sergio, nato in Ravenna nel 1917 ed ivi cresciuto, avviato dapprima al mestiere paterno di barbiere, divenne poi fattorino ed infine impiegato privato, ma dimostratosi fin dall’adolescenza discolo, violento, dedito all’ozio, non trovò mai una stabile occupazione. Dopo il luglio 1943, mentre si trovava sottoposto a procedimento penale per diserzione militare, passò nelle formazioni partigiane svolgendo la propria attività, per oltre quattro mesi, nelle montagne del faentino e dimostrandosi uno dei più accaniti nella lotta contro i tedeschi e contro i fascisti. Ma nella primavera successiva, spinto unicamente da egoistico tornaconto personale, passò dalla parte opposta, mettendo la sua opera a disposizione delle organizzazioni politiche e militari della sedicente repubblica sociale e, suo primo atto, fu quello di approfittare ignobilmente, seguendo i suoi perversi sentimenti, delle stesse relazioni contratte durante la precedente attività per identificare e far catturare gli esponenti maggiori del Comitato di liberazione nazionale. Dal giugno al novembre 1944, l’attività del Morigi trovò un campo d’azione meglio adatto al suo temperamento. In detta epoca militò attivamente nelle squadre d’azione prima e nella brigata nera poi che agivano agli ordini della federazione fascista repubblicana e, pur nella veste di semplice gregario, tanto si distinse per ferocia in ogni azione da acquisire particolare ascendente sui compagni e triste notorietà nella popolazione.
Note procedimento Morigi Sergio imputato [oltretutto] di avere, in correità con altri, causato volontariamente e con premeditazione, mediante più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, la morte per fine fascista di Zoli Francesco, Melandri Ildo e Corniola Leonello, allo scopo di concretizzare il delitto di collaborazione col tedesco. Con sentenza del 20/07/1945 la corte lo giudica colpevole del reato ascrittogli e quindi lo condanna alla pena di morte mediante fucilazione nella schiena. Ordina che l’esito della presente sia affisso nel comune di Ravenna e pubblicato nel giornale ‘democrazia’ di Ravenna. Esecuzione avvenuta alle ore 6 del 12 ottobre 1945 nel recinto del tiro a segno Nazionale, via Dall’Aggio di Ravenna, giunta comunicazione del PM n. 24 CP in data 12.10.45.
Tipo di reparto fascista Brigata Nera
Nome del reparto 29. Brigata nera “Ettore Muti” di Ravenna
Memorie
Memorie legate a questa strage
lapide a via Belvedere, Ravenna
Tipo di memoria: lapide
Ubicazione: via Belvedere, Ravenna
Descrizione: Lapide posta a Ravenna in via Belvedere