Descrizione
Località Verla di Giovo, Giovo, Trento, Trentino-Alto Adige
Data 2 maggio 1945
Matrice strage Nazista
Numero vittime 2
Numero vittime uomini 2
Descrizione: Tra la fine di aprile e i primi di maggio del 1945, la valle dell’Adige e le valli adiacenti videro il passaggio di colonne tedesche in ritirata verso Nord, in fuga dalle colonne alleate e dalle incursioni partigiane. I reparti nazifascisti in ritirata compirono saccheggi e rapine lungo la Vallagarina, la valle dei Laghi, la Valsugana e le valli Giudicarie. L’aumento delle razzie, delle spoliazioni e delle uccisioni, rifletteva comportamenti abitudinari; quei soldati non solo erano abituati alla violenza, ma si trovavano in uno stato di estrema tensione provocato da giorni di combattimenti, di marce forzate sotto la continua minaccia partigiana, vera o presunta che fosse: colonne più o meno organizzate, appiedate o motorizzate, cercavano di sfuggire alla tenaglia alleata e alle «imboscate» dei patrioti nella speranza di poter raggiungere la Germania. Tra il 25 aprile e il 5 maggio 1945, si contarono oltre 120 caduti, vittime delle ultime giornate del conflitto. A Verla di Giovo (val di Cembra), aveva sede un comando addetto alla sezione fumogeni di Lavis, che serviva una batteria Flak posizionata a Palù di Giovo. Il 28 aprile 1945 i partigiani del Battaglione Trento (Divisione Belluno, Brigata Garibaldi Gramsci) attaccarono la sede del comando ma gli ufficiali tedeschi, dato l’allarme e ottenuti i rinforzi, riuscirono a respingerli: durante lo scontro, rimase ferito un partigiano, Rodolfo Degasperi, che fu trasportato dai tedeschi presso il locale ricovero per anziani proibendo qualsiasi tipo di assistenza. Una donna, Carlotta Rossi, disobbedì agli ordini e cercò di curare il ferito ma inutilmente: Degasperi morì il 29 aprile per la forte emorragia. Il 2 maggio successivo si presentò un mezzo tedesco con due soldati. I partigiani appostati all’entrata di Verla aprirono il fuoco ferendo uno dei militari, mentre l’altro scappava dando l’allarme e richiamando una colonna di soldati che si ripresentò sparando sugli edifici del paese, bruciando una casa e uccidendo due civili. Sul terreno rimasero l’anziano Carlo Rossi, colpito da una raffica di mitra sulla strada provinciale, e Carlotta Rossi, la donna che aveva cercato di salvare il partigiano, uccisa mentre saliva le scale di casa sua. La Commissione patrioti di Trento concesse alle famiglie delle vittime un assegno di 20 mila ciascuna.
Modalità di uccisione: uccisione con armi da fuoco
Violenze connesse: incendio di abitazione
Tipo di massacro: ritirata
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Annotazioni: Nella memoria locale, il termine che ricorre più frequentemente è quello di rappresaglia, ma l’intervento tedesco fu dovuto alla necessità di mantenere aperta una via di transito necessaria in una situazione di ritirata, una strada che, nei giorni successivi, sarebbe stata percorsa dal reparto responsabile delle stragi di Stramentizzo e Molina di Fiemme. Nella memoria dei testimoni, è sopravvissuta l’immagine di un capitano, responsabile quanto meno dell’uccisione di Carlotta Rossi.
Autori: reparto tedesco non meglio identificato, probabilmente gli uomini dello stesso Comando che aveva avuto sede in paese fino al 28 aprile 1945.
Nel saggio curato da Lorenzo GARDUMI, i nomi delle due vittime sono riportati erroneamente come Carlo Baretòn e Carlotta Mosaner.
Note sulla memoria (per maggiori informazioni vedi la sezione apposita): Presso la Fondazione Museo storico del Trentino è possibile reperire l’intervista a Albino Pellegrini, giovane testimone dei fatti accaduti a Verla di Giovo.
Scheda compilata da Lorenzo Gardumi
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Ultimo aggiornamento dei dati: 2016-10-11 08:55:02
Vittime
Elenco vittime
1) ROSSI, Carlo (Baretòn)
Verla di Giovo, 12 luglio 1884-2 maggio 1945. Contadino.
2) ROSSI, Carlotta
Verla di Giovo, 23 settembre 1891-2 maggio 1945. Casalinga
Elenco vittime civili 2
1) ROSSI, Carlo (Baretòn)
Verla di Giovo, 12 luglio 1884-2 maggio 1945. Contadino.
2) ROSSI, Carlotta
Verla di Giovo, 23 settembre 1891-2 maggio 1945. Casalinga