Descrizione
Località Casa Battaglieri, Cairo Montenotte, Savona, Liguria
Data 16 aprile 1944
Matrice strage Nazifascista
Numero vittime 4
Numero vittime uomini 4
Numero vittime uomini senza informazioni 4
Descrizione: Nel 1944, ai primi di marzo, due formazioni autonome muovono da Garessio e Ormea dirette verso Ceva, con l'obiettivo di ostacolare le comunicazioni dei nazifascisti fra il sud (mare) e il nord (pianura) e fra Torino e il Colle di Nava. La risposta degli occupanti si scatena tra il 13 e il 20 marzo con il "grande rastrellamento della Val Casotto". Poco prima dell'inizio della battaglia, mentre le due formazioni di autonomi stanno facendo ritorno alle basi, i partigiani cadono in un'imboscata tesa dall'avanguardia nazifascista.
Dei partigiani caduti in Val Casotto, una parte è fucilata sul posto, una quarantina viene giustiziata in Piazza d'Armi a Ceva e altri ancora sono condotti al riformatorio di Cairo Montenotte per essere deportati nei lager tedeschi. Tra i prigionieri concentrati prima a Ceva e poi a Cairo figurano gli ufficiali autonomi Domenico Quaranta, Ettore Ruocco, Innocenzo Contini e Pietro Augusto Dacomo. Selezionati per la loro pericolosità e tenuti prigionieri per 31 giorni nelle celle del Riformatorio di Cairo, vengono sottoposti a interrogatori e a feroci maltrattamenti. Subiscono pesanti torture e la condanna all'esecuzione capitale da parte di un sedicente tribunale militare.
Il Riformatorio di Cairo, presso cui ha sede la Feldgendarmerie, è comandato dal maresciallo capo Giuseppe Senft; altre figure di tedeschi sono: il capitano medico dottor Helm (o Kelm), il maresciallo della compagnia nazista di sanità Laudwerch, noto ai sottoposti per la sua crudeltà, il sergente Karl (o Harl o Hare), violinista della Sassonia, meno incline alla violenza forse per l'iniziale estraneità all'ambiente militare; il sergente Erick Otto, ex parrucchiere berlinese; il caporale Willelm Peusser, nativo della Prussia orientale e originariamente commerciante in carbone. Svolgono il ruolo di interpreti diverse figure: due donne, Berta Kinder in Wobbe e la figlia e Melania, di origine italo-austriaca, di cui sono note la ferocia e la lussuria; Luigi Del Monego, che negli interrogatori si definirà un funzionario della Todt e che pare occupi un settore del riformatorio corrispondente alla zona delle officine, a cui afferisce la gestione del vettovagliamento. L'interprete ufficiale è un italiano, di cui si conosce soltanto la professione: maestro elementare. Un ultimo interprete, Ermanno Zannoner, sembra sia un altro figlio della Wobbe. Il riformatorio ospita anche il Tribunale militare, la cui legalità è certamente dubbia; il piano rialzato contiene le celle di sicurezza, ma i vani in cui vengono rinchiusi i detenuti più temibili sono collocati al piano interrato. Solo don Gilardi, il parroco, può entrare in contatto con i detenuti e mantenere, nei limiti del possibile, una qualche forma di comunicazione con le famiglie.
Verso le cinque del mattino della domenica 16 aprile 1944 due caporali nazisti contattano nel paese un impiegato comunale collaborazionista e alcuni uomini con carri per il trasporto delle vittime destinate. Nel frattempo al Riformatorio vengono prelevati i quattro patrioti che, ammanettati e scortati, sono condotti sulla collina del Buglio, a circa 800 metri dal centro di Cairo. Essi sono circondati dagli uomini della gendarmeria: il maresciallo capo Senft, il mareciallo Laudwerch, il dottor Helm, il caporale Peusser, il sergente Otto, alcuni soldati semplici e un capitano medico italiano. Il Del Monego funge da interprete e comunica agli ufficiali la sentenza di morte, notificata da un non precisato tribunale militare (nell'interrogatorio del 1° ottobre 1945 il Del Monego sosterrà di non aver mai avuto prima di quel giorno notizia dell'esecuzione). I patrioti, una volta bendati, vengono colpiti da raffiche di mitra dal Laudwerch che spara senza attendere ordini superiori. Tre di loro muoiono immediatamente ma uno resta in vita e il sergente Erik Otto lo finisce con due colpi di pistola.
Pare che, prima di morire, abbracciandosi abbiano gridato: "Abbiamo combattuto contro i tedeschi e se fossimo liberi continueremmo a combattere. Tirate pure! Viva l'Italia".
Modalità di uccisione: fucilazione
Violenze connesse: sevizie-torture
Tipo di massacro: punitivo
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Estremi e note penali: Dei numerosi crimini con cui i nazifascisti a Cairo Montenotte colpirono civili e combattenti l'unico procedimento penale avviato nell'immediato dopoguerra riguarda la Feldgendarmerie della città, diretta dal maresciallo capo Giuseppe Senft, in seguito alla denuncia dei genitori dei quattro ufficiali autonomi fucilati il 16 aprile 1944.
Il processo fu condotto dal Tribunale militare di Torino e, per l'ambito territoriale di competenza, fu gestito dalla Corte d'assise straordinaria di Savona che, dopo aver svolto le indagini preliminari, nel febbraio 1946 iniziò l'analisi del caso prendendo a carico gli imputati italiani, mentre la Corte internazionale, istituita dalla Commissione per i crimini di guerra delle Nazioni Unite, avrebbe dovuto occuparsi di quelli stranieri. Benché gli accertamenti e la raccolta di informazioni procedessero con continuità e scrupolo e alla fine del 1946 l'allora Procuratore generale militare avesse trasmesso la documentazione raccolta al Ministro degli Esteri per richiedere la consegna degli imputati in modo da procedere agli interrogatori, all'inizio del 1947 le indagini furono bruscamente interrotte. Il fascicolo giudiziario n. 1382 contro i crimini perpetrati dal Senft e i suoi gendarmi fu abbandonato sino al 1960. Le cause di questo insabbiamento rimandano alla cosiddetta "archiviazione provvisoria" del 14 gennaio 1960, ad opera del Procuratore generale militare della Repubblica Enrico Santacroce, smascherata nel 1994 con la casuale scoperta dell'"armadio della vergogna". Il 28 gennaio 1995 la Procura militare di Torino, venuta in possesso del fascicolo n. 1382, riaprì l'inchiesta ma il 28 luglio dello stesso anno ne dispose l'archiviazione definitiva poiché "la notizia di reato va considerata infondata per obiettiva impossibilità (dato il lungo tempo trascorso) di ricostruire fatti e rintracciare gli autori".
Annotazioni: - Il riformatorio di Cairo, adibito a fine guerra a sede della polizia penitenziaria di via XXV Aprile ed attualmente in stato di abbandono, il 5 ottobre del 1943, con la chiusura del campo di concentramento del Paese, ne ospita strutture e armamenti e diventa la sede della Feldgendarmerie che, posta sotto il comando del maresciallo Senft, stabilisce fin da subito fruttuosi rapporti di collaborazione con le forze dell'ordine italiane del luogo. Nell'estate del 1944 la gendarmeria è infatti anche la sede della Divisione San Marco e degli uomini della Brigata nera "Francesco Briatore", recentemente costituitasi. Oltre alle celle in cui sono rinchiusi i prigionieri, un'altra area è adibita a infermeria e i suoi dipendenti mantengono stretti contatti con l'ospedale militare di Cairo. Il riformatorio ospita inoltre il Tribunale militare.
- Secondo quanto riportano gli interrogatori del 1° ottobre 1945 effettuati presso la Regia Questura di Torino, a pochi giorni dall'arresto del figlio, la signora Contini si rivolge all'interprete Luigi Del Monego per avere notizie. Costui asserisce di non sapere alcunché del giovane e fornisce informazioni false sull'attività della Feldgendarmerie. Dopo una settimana la donna torna a chiedere informazioni ma il Del Monego si nega. Pare tuttavia ch'egli sappia dei quattro ufficiali prigionieri, avendo assistito di persona agli interrogatori; tuttavia si limita a sostenere di aver avuto con loro soltanto un contatto fortuito e d'aver piuttosto fornito di frequente ai prigionieri viveri e sigarette per venire loro in aiuto. In realtà, i quattro ufficiali sono ripetutamene interrogati e torturati. Negli ultimi giorni di vita essi incidono sulle pareti delle celle sotterranee in cui sono rinchiusi invocazioni, preghiere ed espressioni che, pur essendo state in seguito ricoperte con calce, per la forza emotiva e le istanze spirituali di cui sono emblema molti cairesi continuano a ricordare. Tra le invocazioni incise sulle pareti delle celle dai giovani prossimi alla fucilazione si ricordano: "Perdete ogni speranza voi ch'entrate. Fede: fonte di luce che ci guarda dal torrente turbinoso e tragico del mondo" (Ettore Ruocco); "Mamma, mamma. Questo nome lo ripeto cento volte al giorno" e "Deus et su Re. Unica consolazione per il carcerato è la preghiera" (Innocenzo Contini); "Nella vita si giura una sola volta", a cui segue l'incipit del Pater noster (Pier Augusto Dacomo). Domenico Quaranta lasciò invece una lettera toccante indirizzata ai genitori e poi pubblicata in Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana, a cura di P. Malvezzi e G. Pirelli, Mondadori, Verona 1968, pp. 255-256.
- Non lontano dal luogo dell'esecuzione sorge "casa Battaglieri". A distanza di anni, nell'intervsita rilasciata a Franco Icardi del 15 febbraio 2006, la signora Angela Zunino, che allora abitava in casa Battaglieri, riferisce che gli spari avvennero verso le 6.30, quando lei, la madre e il nonno erano ancora a letto, sorprendendo nel sonno la famiglia. Ricorda inoltre che la madre collegò il tragico fatto all'eccidio dei quattro patrioti della "Stella Rossa" (Mario Sambolino, Luciano Graziano, Gustavo Rizzoglio e Andrea Bottaro), fucilati anch'essi sulla collina del Buglio il 16 gennaio 1944 esattamente tre mesi prima. (cfr. Pmr, reg. gen. n. 1382 cit.: Questura di Torino, interrogatorio di Luigi Del Monaco, 1º ottbre 1945; cfr. inoltre Guido MALANDRA, Il Distaccamento partigiano della Stella Rossa, cit.). La logica della macabra ripetizione fa pensare ad una sorta di sanguinaria liturgia (il 16 del mese di gennaio e poi di aprile).
Scheda compilata da CHIARA DOGLIOTTI e GIOSIANA CARRARA
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Ultimo aggiornamento dei dati: 2018-12-26 21:39:37
Vittime
Elenco vittime
Contini Innocenzo: nato a Torino il 26 luglio 1923, frequenta l\'Accademia come studente d\'ingegneria e, dopo l\'armistizio, è sottotenente d\'artiglieria. Nel dopoguerra verrà insignito della Medaglia d\'oro al Valor militare alla memoria.
Dacomo Pietro Augusto: nato a Monticello d\'Alba il 6 aprile 1921 da famiglia contadina, diventa maestro elementare e poi sottotenente di complemento negli Alpini. A fine guerra è insignito della Medaglia d\'oro al Valor militare alla memoria.
Quaranta Domenico: nato a Napoli il 13.10.1920, studente in giurisprudenza presso l\'Università di Napoli. Nel dopoguerra verrà insignito della laurea ad honorem e della Medaglia d\'oro al Valor militare alla memoria.
Ettore Ruocco: nato a Napoli il 27 gennaio 1920, studente universitario, è sottotenente di artiglieria come il fratello Luciano. Iscritto al Politecnico di Torino, all\'inizio della guerra lascia l\'Università per intraprendere la carriera militare. A fine guerra è insignito della Medaglia d\'oro al Valor militare alla memoria
Elenco vittime partigiani 4
Cantini Innocenzo
Dacomo Pietro
Quaranta Domenico
Ruocco Ettore
Responsabili o presunti responsabili
Elenco reparti responsabili
Elenco persone responsabili o presunte responsabili
Berta Wobbe
Nome Berta
Cognome Wobbe
Stato nominativo generico o non identificato emerso da testimonianze orali
Note responsabile Testimonianze raccolte nel dopoguerra addebitano le fucilazioni alla gendarmerie tedesca e ad alcuni elementi italiani: il maresciallo capo Giuseppe Senft, il maresciallo Laudwerch, il serg. Erik Otto, il serg. Hare, il caporale William Peusser; gli interpreti Wobbe Berta e Melania, Giorgio Del Monego e Mario Tuzzi
Erik Otto
Nome Erik
Cognome Otto
Stato nominativo generico o non identificato emerso da testimonianze orali
Note procedimento Testimonianze raccolte nel dopoguerra addebitano le fucilazioni alla gendarmerie tedesca e ad alcuni elementi italiani: il maresciallo capo Giuseppe Senft, il maresciallo Laudwerch, il serg. Erik Otto, il serg. Hare, il caporale William Peusser; gli interpreti Wobbe Berta e Melania, Giorgio Del Monego e Mario Tuzzi
Giorgio Del Monego
Nome Giorgio
Cognome Del Monego
Stato nominativo generico o non identificato emerso da testimonianze orali
Note responsabile Testimonianze raccolte nel dopoguerra addebitano le fucilazioni alla gendarmerie tedesca e ad alcuni elementi italiani: il maresciallo capo Giuseppe Senft, il maresciallo Laudwerch, il serg. Erik Otto, il serg. Hare, il caporale William Peusser; gli interpreti Wobbe Berta e Melania, Giorgio Del Monego e Mario Tuzzi
Giuseppe Senft
Nome Giuseppe
Cognome Senft
Stato nominativo generico o non identificato emerso da testimonianze orali
Note responsabile Testimonianze raccolte nel dopoguerra addebitano le fucilazioni alla gendarmerie tedesca e ad alcuni elementi italiani: il maresciallo capo Giuseppe Senft, il maresciallo Laudwerch, il serg. Erik Otto, il serg. Hare, il caporale William Peusser; gli interpreti Wobbe Berta e Melania, Giorgio Del Monego e Mario Tuzzi
Mario Tuzzi
Nome Mario
Cognome Tuzzi
Note responsabile Testimonianze raccolte nel dopoguerra addebitano le fucilazioni alla gendarmerie tedesca e ad alcuni elementi italiani: il maresciallo capo Giuseppe Senft, il maresciallo Laudwerch, il serg. Erik Otto, il serg. Hare, il caporale William Peusser; gli interpreti Wobbe Berta e Melania, Giorgio Del Monego e Mario Tuzzi
Melania Wobbe
Nome Melania
Cognome Wobbe
Stato nominativo generico o non identificato emerso da testimonianze orali
Note responsabile Testimonianze raccolte nel dopoguerra addebitano le fucilazioni alla gendarmerie tedesca e ad alcuni elementi italiani: il maresciallo capo Giuseppe Senft, il maresciallo Laudwerch, il serg. Erik Otto, il serg. Hare, il caporale William Peusser; gli interpreti Wobbe Berta e Melania, Giorgio Del Monego e Mario Tuzzi
Sconosciuto Hare
Nome Sconosciuto
Cognome Hare
Stato nominativo generico o non identificato emerso da testimonianze orali
Note responsabile Testimonianze raccolte nel dopoguerra addebitano le fucilazioni alla gendarmerie tedesca e ad alcuni elementi italiani: il maresciallo capo Giuseppe Senft, il maresciallo Laudwerch, il serg. Erik Otto, il serg. Hare, il caporale William Peusser; gli interpreti Wobbe Berta e Melania, Giorgio Del Monego e Mario Tuzzi
Sconosciuto Laudwerch
Nome Sconosciuto
Cognome Laudwerch
Note responsabile Testimonianze raccolte nel dopoguerra addebitano le fucilazioni alla gendarmerie tedesca e ad alcuni elementi italiani: il maresciallo capo Giuseppe Senft, il maresciallo Laudwerch, il serg. Erik Otto, il serg. Hare, il caporale William Peusser; gli interpreti Wobbe Berta e Melania, Giorgio Del Monego e Mario Tuzzi
William Peusser
Nome William
Cognome Peusser
Stato nominativo generico o non identificato emerso da testimonianze orali
Note responsabile Testimonianze raccolte nel dopoguerra addebitano le fucilazioni alla gendarmerie tedesca e ad alcuni elementi italiani: il maresciallo capo Giuseppe Senft, il maresciallo Laudwerch, il serg. Erik Otto, il serg. Hare, il caporale William Peusser; gli interpreti Wobbe Berta e Melania, Giorgio Del Monego e Mario Tuzzi
Memorie
Memorie legate a questa strage
onorificenza alla persona a
Tipo di memoria: onorificenza alla persona
Descrizione: Il Maggiore Enrico Martini, detto “Mauri”, in qualità di Comandante del Primo Gruppo Divisioni Alpine, si prodigò perché venisse conferita la Medaglia d\'Oro al Valor Militare ai quattro ufficiali della Val Casotto.
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Tipo di memoria: cippo
Ubicazione: Cairo Montenotte, Via Medaglie d\'Oro
Descrizione: Cippo in pietra con bassorilievi in bronzo, lapidi e croci in marmo alla memoria dei quattro ufficiali.
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Tipo di memoria: lapide
Ubicazione: Cairo Montenotte, Via Medaglie d\'Oro
Descrizione: Lapide in marmo, posta su un passo in prossimità dei cippi dei Garibaldini e delle Medaglie d\'Oro e inaugurata nel 1984 (oltre ai nomi dei 4 ufficiali autonomi, riporta anche quelli dei 4 partigiani della “Stella rossa” fucilati il 16 gennaio 1944).