Descrizione
Località Comacchio, Comacchio, Ferrara, Emilia-Romagna
Data 29 gennaio 1945
Matrice strage Fascista
Numero vittime 5
Numero vittime uomini 5
Numero vittime uomini adulti 5
Descrizione: La zona del comacchiese era considerata dai tedeschi una delle zone nevralgiche di retroguardia della linea Gotica. Loro intenzione era quella di allagare l'intero basso ferrarese, non solo il territorio di Comacchio, facendo saltare gli argini delle valli e bloccando le idrovore, nell'intenzione di frenare l'avanzata alleata verso nord.
Comacchio vantava anche una lunga tradizione antifascista: subito dopo l'uccisione di Giacomo Matteotti, in un casone di valle, fu ritrovato un vero e proprio altarino con le foto del martire socialista e numerosi sono i documenti che attestano la fede antifascista, ed in particolare socialista e comunista della popolazione di quel territorio.
Di quello che fu il destino di Edgardo Fogli e dei suoi quattro compagni esistono pochissime testimonianze: il suo fascicolo personale dell'archivio della Questura, infatti, si chiude circa tre anni prima della sua fucilazione e non ne esistono intestati agli altri quattro.
Dopo l'8 settembre Fogli fu contattato da Spero Ghedini, partigiano bondenese e dirigente del PCI ferrarese, nel tentativo di farlo allontanare dal comacchiese, zona in cui era ben conosciuto e dove gli era ormai impossibile lavorare per il partito e nel movimento resistenziale. Pochi giorni prima del Natale 1944 era stato fissato un incontro a S. Giuseppe di Comacchio, ma Fogli non si presentò.
Nella notte tra il 18 ed il 19 gennaio 1945 fascisti e tedeschi circondano la sua abitazione: la moglie Filomena, schiaffeggiata che verrà arrestata nonostante fosse incinta, cercò di evitare che entrassero in casa, senza riuscirci. Lo trovarono nascosto dietro un armadio a muro.
L'ordine di esecuzione giunse da un tribunale militare tedesco, come testimonia una nota del procuratore del Regno di Ferrara. Fogli, talmente debilitato dalle torture subite, verrà trasportato sul luogo dell'esecuzione su una sedia.
Modalità di uccisione: fucilazione
Violenze connesse: sevizie-torture
Tipo di massacro: punitivo
--> Per saperne di più sulle tipologie
Estremi e note penali: Sezione Speciale della Corte d'Assise di Ferrara, sentenza del 9 agosto 1946 nei confronti di Luigi Sabatini e Rosolino Fogli, accusati di
collaborazionismo per aver preso parte, come elementi delle BN, all'azione che portò all'arresto di Edgardo Fogli ed averne determinato, con nesso causale la fucilazione, entrambi assolti per insufficienza di prove.
CAS di Ferrara, sentenza del 22 dicembre 1945 nei confronti di Cesarino Mosca, accusato di collaborazionismo, concorso in omicidio e violazione di domicilio. Condannato a 22 anni di carcere.
Annotazioni: Su due dei tre uccisi non è stata trovata alcuna notizia, neppure all'Archivio dell'ANPI. Numericamente sono comunque stati indicati come 'legati ai partigiani'.
Scheda compilata da DAVIDE GUARNIERI
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Ultimo aggiornamento dei dati: 2016-05-11 08:24:13
Vittime
Elenco vittime
1. Bulgarelli Vittorio, nacque a Lagosanto, 27 anni
2. Farnelli Giovanni, nacque a Comacchio il 28 aprile 1915. Partigiano della 36° brigata Mauro Babini
3. Fogli Edgardo, nacque a Comacchio il 25 maggio 1901. Prestò servizio militare nella Guardia di Finanza, da cui probabilmente derivò il suo soprannome \'Sentinellino\' poi mutato in \'Sentinella\' come nome di battaglia. Partigiano della 36° brigata Mauro Babini. Medaglia d\'oro al valor militare. La Questura aprì un fascicolo a suo nome ufficialmente nel 1932, ma era noto da tempo alle autorità di pubblica sicurezza perchè comunista e per la propaganda alle proprie idee che svolgeva tra i compagni di lavoro. Diffidato nel 1927 e proposto per il confino di polizia nel 1929, fu ammonito in contumacia dalla Commissione Provinciale, essendo espatriato a Parigi verso la fine dell\'aprile del 1929. Bottaio e \'chauffeur\', doveva ancora scontare un anno e due mesi di carcere per apologia del fascismo ed offede al Duce. Fu iscritto alla rubrica di frontiera. Coinvolto in una rissa con ex fascisti in un bar parigino, lasciò la Francia e nel 1931 venne arrestato a Trieste. Trovato in possesso di una serie di documenti falsi (aveva con sé un passaporto svizzero, tre carte d\'identita e tessere del fascio di Firenze e Trieste), fu liberato in occasione dell\'amnistia per il decennale della presa fascista del potere. Tornò a Comacchio viene fermato diverse volte, soprattutto in occasione di visite a Ferrara di importanti personalità o in occasioni di festività come, ad esempio, il 1° maggio. Venne deferito al Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato e recluso nel manicomio provinciale di Ferrara. La sua posizione si aggravò in quanto, all\'inizio del 1934 fu riconosciuto «da un noto informatore [come] il connazionale incontrato a Mosca, ove frequentò la scuola di partito collo pseudonimo di \'Cornia\'». Era sospettato di fingere la pazzia per sottrarsi al giudizio del tribunale. Fu arrestato nella notte tra il 18 e 19 gennaio 1945, un\'ora circa dopo il fermo della moglie.
4. Ghirardelli Giuseppe, nacque a Comacchio il 25 agosto 1904. Partigiano della 36° brigata Mauro Babini
5. Luciani Filippo, nacque a Comacchio, 29 anni
Elenco vittime partigiani 3
Farnelli Giovanni
Fogli Edgardo
Ghirardelli Giuseppe
Elenco vittime legate a partigiani 2
Bulgarelli Vittorio
Luciani Filippo
Responsabili o presunti responsabili
Elenco reparti responsabili
Elenco persone responsabili o presunte responsabili
Alfideo Vaccari
Nome Alfideo
Cognome Vaccari
Stato imputato in procedimento
Note responsabile Nacque il 24 febbraio 1910 a Formignana. Di famiglia fascista, era coniugato e padre di due figli. In possesso della licenza tecnica, lavorava come impiegato all’anagrafe del comune di Codigoro. Caporal maggiore di fanteria in congedo, era stato capo manipolo istruttore della GIL. Aderì al PFR, arruolandosi volontariamente nelle Brigate Nere con un grado da ufficiale; fu, infine, reggente del fascio di Codigoro quando Ugo Jannuzzi passò a dirigere l’Ufficio ‘I’ dell’UPI delle Brigate Nere. Venne arrestato nel giugno 1945. Sembra che egli sia stato presente anche la sera del 5 febbraio 1945 quando furono arrestati a Serravalle, (FE), Olao Pivari e Mario Bonamico, poi trasportati, legati sui parafanghi di un autovettura, a Codigoro, i cui abitanti, vennero chiamati a «guardare i traditori, gli assassini», invitandoli anche personalmente ad uscire dal caffè.
Note procedimento La corte d’assise perugina inflisse a Vaccari una condanna di ventidue anni ed otto mesi, di cui quindici e un mese immediatamente condannati, per il reato di collaborazionismo politico ed omicidio volontario non aggravato (per questi omicidi e quelli di Ticchioni e Villa a Codigoro), oltre alla pena accessoria di interdizione perpetua dai pubblici uffici. Vaccari si professò sempre innocente, sostenendo che non diresse il plotone che fucilò i tre patrioti ad Ariano ferrarese, dichiarando, anzi, di essersi rifiutato e che per questo motivo Ugo Jannuzzi gli ordinò di assistere all’esecuzione dalla macchina. Il 31 maggio 1950 gli fu concessa la libertà condizionale, un anno e mezzo prima della scadenza della pena inflitta e venne sottoposto a «normale vigilanza». L’11 luglio 1951 fu autorizzato a prendere residenza a Catanzaro per un periodo massimo di tre mesi. Arrivato in Calabria andò a lavorare allo zuccherificio di S. Eufemia Lamezia. Non svolse mai alcuna attività politica, simpatizzando, però, chiaramente per l’MSI. Riacquisita la totale libertà, fu comunque ancora tenuto sotto controllo ma la vigilanza fu ridotta da normale a «discreta». Commerciante di oli minerali, dopo il suo impiego presso lo zuccherificio di S. Eufemia, Vaccari continuò ad intrattenere rapporti lavorativi con l’industria saccarifera ed infatti nell’ottobre del 1953 si recò in Sardegna per affari commerciali con l’amministrazione di uno zuccherificio. Il 21 ottobre 1955 fu radiato dal CPC. Il processo principale venne istruito dinnanzi alla Corte di Assise Sezione Speciale di Ferrara ma fu rinviato a causa degli incidenti avvenuti durante l\'escussione dei testimoni a carico degli imputati e trasferito, per legittima suspecione, prima a Bologna (dove non venne svolta alcuna udienza) e quindi a Perugia, la cui corte, con sentenza dell\'8 dicembre 1948 condannò complessivamente a 24 anni, di cui 16 condonati, Ugo Jannuzzi per collaborazionismo politico (non militare, come aveva previsto il capo d\'accusa) e per omicidio volontario, con l\'aggravante di cui all\'art. 112 n. 22 C. P. e con la continuazione (applicata per entrambe le uccisioni, di Codigoro e di Ariano ferrarese, del 14 febbraio 1944); a 22 anni e 8 mesi, di cui 15 anni e 1 mese condonati Alfideo Vaccari e Galiano Moretti per l\'omicidio volontario di Laerte Bonaccorsi, Mario Bonamico ed Olao Pivari con la concessione delle attenuanti generiche; a 22 anni e 8 mesi, di cui 15 anni e 1 mese condonati Giuseppe Trevisani ed Oliviero Bruini per collaborazionismo politico e per omicidio volontario (applicata per entrambe le uccisioni, di Codigoro e di Ariano ferrarese, del 14 febbraio 1944), con la concessione delle attenuanti generiche. Il 20 gennaio 1950 la seconda sezione penale della Corte di Cassazione si pronunciò sui ricorsi presentati da Ugo Jannuzzi, Alfideo Vaccari, Galliano Moretti, Giuseppe Trevisani, Oliviero Bruini. La Corte accolse parzialmente soltanto quello presentato dal comandante delle Brigate Nere, (rigettò quello di Moretti e dichiarò inammissibili gli altri quattro), annullando la sentenza della corte d\'assise di Perugia «per mancanza di motivazione in ordine alla reiezione della richiesta di concessione delle attenuanti generiche – ed in ordine alla determinazione della misura delle pene – al reato di collaborazionismo militare» rinviando il tutto all\'esame della corte di assise di Firenze. La corte d\'assise di Firenze emise la propria sentenza il 24 marzo 1950, riformando la sentenza di Perugia, portando a 19 anni quelli inflitti per il reato di collaborazionismo ed a una condanna per complessivi 22 e 6 mesi di cui 16 condonati Il 6 dicembre 1950 la seconda sezione penale della Corte di Cassazione accolse parzialmente il ricorso presentato dall\'avvocato di Ugo Jannuzzi, condannandolo complessivamente a 21 anni e 6 mesi di carcere, condonandone 15 e 4 mesi. Il 10 ottobre 1959 la sezione appello penali della Corte di appello di Firenze dichiarò estinti per amnistia i reati di Jannuzzi, applicando «le benefiche disposizioni contenute nell\'art. 1 lettt. A del D.P.R. 11 luglio 1959 n. 460»
Tipo di reparto fascista Brigata Nera
Nome del reparto 24. Brigata Nera “Igino Ghisellini” di Ferrara/distaccamento di Codigoro
Cesarino Mosca
Nome Cesarino
Cognome Mosca
Ruolo nella strage Autore
Stato imputato in procedimento
Note responsabile Nacque a Sabbioncello S. Vittore (FE) il 14 maggio 1923. In possesso della licenza elementare. Aderì al PFR l\'11 febbraio 1944 e nello stesso giorno si arruolò nella polizia ausiliaria, venendo aggregato alla Feldgendarmeria tedesca ed andando a prestare servizio a Mercato Saraceno (FC), Filo d\'Argenta (FE), Lagosanto (FE) e Comacchio, partecipando anche all\'arresto di Edgardo Fogli. Venne arrestato il 15 settembre 1945. La moglie di Fogli, Filomena Felletti, dichiarò che il 19 gennaio 1945 si presentarono a casa sua una quarantina di tedeschi armati, guidati da Mosca che circondarono la casa e sfondarono la porta d\'ingresso. Mosca le disse di essere a conoscenza che Fogli era in casa, nascosto in una camera segreta, il cui ingresso, però, non fu trovato perchè coperto da un armadio (la donna sospetto che a rivelare della camera fosse stato Rosolino Fogli). La donna fu presa a schiaffi, arrestata pur essendo incinta e portata al comando tedesco. Dichiarò che Mosca si appropriò di una valigetta con 800.000 lire ed alcuni oggetti d\'oro che gli vennero restituiti ad eccezione di una fede ed una catenina d\'oro. Cesarino Mosca fu condannato a 22 anni di reclusione per collaborazionismo e concorso in omicidio e violazione di domicilio, dalla CAS di Ferrara il 22 dicembre 1945 e venne recluso a S. Gimignano. La Cassazione il 15 febbraio 1947 lo amnistiò annullando la sentenza senza rinvio.
Note procedimento CAS di Ferrara, sentenza del 22 dicembre 1945 nei confronti di Cesarino Mosca, accusato di collaborazionismo, concorso in omicidio e violazione di domicilio. Condannato a 22 anni di carcere.
Tipo di reparto fascista Brigata Nera
Nome del reparto Brigata nera reparto imprecisato
Francesco Conforti
Nome Francesco
Cognome Conforti
Stato imputato in procedimento
Note responsabile Nacque a Vicenza, il 31 ottobre 1900
Note procedimento processato da CAS. Accusato di collaborazionismo, tra l\'altro, «quale milite delle Brigate Nere di Codigoro, partecipato ad alcuni rastrellamenti contro partigiani durante i quali furono catturati Bonamico Mario e Pivari Olao successivamente fucilati». Il 22 luglio 1946 la CAS di Ferrara dichiarò il non luogo a procedere essendo il reato estinto per amnistia.
Tipo di reparto fascista Brigata Nera
Nome del reparto 24. Brigata Nera “Igino Ghisellini” di Ferrara/distaccamento di Codigoro
Galliano Moretti
Nome Galliano
Cognome Moretti
Ruolo nella strage Autore
Stato imputato in procedimento
Note responsabile Nacque a Fratta Polesine (Rovigo) il 17 aprile 1911. Coniugato e padre di una figlia, aveva studiato sino alla quinta elementare, lavorava nell’azienda agricola del padre.
Note procedimento Dal 29 maggio 1945 Galliano Moretti fu recluso nel campo POW 209 di Afragola (Napoli) e quindi in quello di Taranto. L’8 dicembre 1948 la corte d’assise di Perugia lo condannò a ventidue anni ed otto mesi di carcere per i reati di collaborazionismo politico ed omicidio volontario non aggravato, di cui quindici e un mese immediatamente condonati. Il 3 dicembre dello stesso anno venne tradotto dalle carceri di Perugia al penitenziario ferrarese. Nel 1950 Moretti presentò un’istanza di grazia al Ministero di Grazia e Giustizia che, attraverso la procura generale presso la corte d’appello di Perugia, chiese al Questore di Ferrara «con dettagliato rapporto, tutte le informazioni idonee a stabilire se il Moretti, tenuto conto della gravità del reato, sia meritevole o meno di un provvedimento di clemenza». Il 24 giugno 1950 il Questore di Ferrara rispose alla procura umbra, quasi non prendendo in considerazione le relazioni ricevute dai Carabinieri di Codigoro e di Porotto, frazione di Ferrara dove Moretti risiedeva, colme di errori e di accertate falsità, ricordando che Moretti era stato uno degli esecutori materiali della fucilazione di Ariano ferrarese e chiudendo la propria lettera con queste parole: «I crimini suddetti da parte del Moretti sono ancora ricordati con orrore dalla popolazione di questa provincia, per cui un provvedimento di clemenza nei suoi confronti produrrebbe cattiva impressione nell\'opinione pubblica». La libertà condizionale arrivò comunque alla fine dell’anno, il 24 dicembre 1950, per ordine del giudice di sorveglianza del tribunale di Ferrara e grazie al decreto del Ministro di Grazia e Giustizia del giorno prima. Moretti era stato arrestato il 13 novembre 1946. L’8 marzo 1952 fu chiuso il suo fascicolo al CPC; il 9 luglio fu cancellata la libertà vigilata e Galliano Moretti ritornò un uomo completamente libero. Il 14 settembre 1957 anche il suo fascicolo presso la Questura di Ferrara fu definitivamente chiuso. Il processo principale venne istruito dinnanzi alla Corte di Assise Sezione Speciale di Ferrara ma fu rinviato a causa degli incidenti avvenuti durante l\'escussione dei testimoni a carico degli imputati e trasferito, per legittima suspecione, prima a Bologna (dove non venne svolta alcuna udienza) e quindi a Perugia, la cui corte, con sentenza dell\'8 dicembre 1948 condannò complessivamente a 24 anni, di cui 16 condonati, Ugo Jannuzzi per collaborazionismo politico (non militare, come aveva previsto il capo d\'accusa) e per omicidio volontario, con l\'aggravante di cui all\'art. 112 n. 22 C. P. e con la continuazione (applicata per entrambe le uccisioni, di Codigoro e di Ariano ferrarese, del 14 febbraio 1944); a 22 anni e 8 mesi, di cui 15 anni e 1 mese condonati Alfideo Vaccari e Galiano Moretti per l\'omicidio volontario di Laerte Bonaccorsi, Mario Bonamico ed Olao Pivari con la concessione delle attenuanti generiche; a 22 anni e 8 mesi, di cui 15 anni e 1 mese condonati Giuseppe Trevisani ed Oliviero Bruini per collaborazionismo politico e per omicidio volontario (applicata per entrambe le uccisioni, di Codigoro e di Ariano ferrarese, del 14 febbraio 1944), con la concessione delle attenuanti generiche. Il 20 gennaio 1950 la seconda sezione penale della Corte di Cassazione si pronunciò sui ricorsi presentati da Ugo Jannuzzi, Alfideo Vaccari, Galliano Moretti, Giuseppe Trevisani, Oliviero Bruini. La Corte accolse parzialmente soltanto quello presentato dal comandante delle Brigate Nere, (rigettò quello di Moretti e dichiarò inammissibili gli altri quattro), annullando la sentenza della corte d\'assise di Perugia «per mancanza di motivazione in ordine alla reiezione della richiesta di concessione delle attenuanti generiche – ed in ordine alla determinazione della misura delle pene – al reato di collaborazionismo militare» rinviando il tutto all\'esame della corte di assise di Firenze. La corte d\'assise di Firenze emise la propria sentenza il 24 marzo 1950, riformando la sentenza di Perugia, portando a 19 anni quelli inflitti per il reato di collaborazionismo ed a una condanna per complessivi 22 e 6 mesi di cui 16 condonati Il 6 dicembre 1950 la seconda sezione penale della Corte di Cassazione accolse parzialmente il ricorso presentato dall\'avvocato di Ugo Jannuzzi, condannandolo complessivamente a 21 anni e 6 mesi di carcere, condonandone 15 e 4 mesi. Il 10 ottobre 1959 la sezione appello penali della Corte di appello di Firenze dichiarò estinti per amnistia i reati di Jannuzzi, applicando «le benefiche disposizioni contenute nell\'art. 1 lettt. A del D.P.R. 11 luglio 1959 n. 460»
Tipo di reparto fascista Brigata Nera
Nome del reparto 24. Brigata Nera “Igino Ghisellini” di Ferrara/distaccamento di Codigoro
Galliano Guglielmo Ferrari
Nome Galliano Guglielmo
Cognome Ferrari
Ruolo nella strage Autore
Stato imputato in procedimento
Note responsabile Nacque a Ariano ferrarese il 25 maggio 1904 da Mario ed Elisa Luisani. Coniugato con Almeide Micheletti aveva un figlio classe 1928 di nome Luciano. Era alto un metro e settanta, occhi chiari, zoppicante nella gamba destra; impiegato, aveva frequentato le scuole fino alla prima tecnica. Di famiglia socialista, come quella della moglie, aveva vissuto a Milano nel 1920 e nel 1921 lavorando alla Breda; quindi era tornato ad Ariano ferrarese per essere assunto all’officina Violati tra il 1926 ed il 1928. Successivamente abitò anche a Bolzaneto (GE), lavorando all’Ansaldo di Sampierdarena (1928-1932).rnNon svolse attività politica prima della RSI, periodo durante il quale entrò nelle Brigate Nere e, quasi certamente, anche nell’ufficio ‘I’ dell’UPI che Ugo Jannuzzi andò a dirigere dopo aver lasciato il distaccamento di Codigoro.
Note procedimento Il processo principale venne istruito dinnanzi alla Corte di Assise Sezione Speciale di Ferrara ma fu rinviato a causa degli incidenti avvenuti durante l\\\'escussione dei testimoni a carico degli imputati e trasferito, per legittima suspecione, prima a Bologna (dove non venne svolta alcuna udienza) e quindi a Perugia, la cui corte, con sentenza dell\\\'8 dicembre 1948 condannò complessivamente a 24 anni, di cui 16 condonati, Ugo Jannuzzi per collaborazionismo politico (non militare, come aveva previsto il capo d\\\'accusa) e per omicidio volontario, con l\\\'aggravante di cui all\\\'art. 112 n. 22 C. P. e con la continuazione (applicata per entrambe le uccisioni, di Codigoro e di Ariano ferrarese, del 14 febbraio 1944); a 22 anni e 8 mesi, di cui 15 anni e 1 mese condonati Alfideo Vaccari e Galiano Moretti per l\\\'omicidio volontario di Laerte Bonaccorsi, Mario Bonamico ed Olao Pivari con la concessione delle attenuanti generiche; a 22 anni e 8 mesi, di cui 15 anni e 1 mese condonati Giuseppe Trevisani ed Oliviero Bruini per collaborazionismo politico e per omicidio volontario (applicata per entrambe le uccisioni, di Codigoro e di Ariano ferrarese, del 14 febbraio 1944), con la concessione delle attenuanti generiche.rnIl 20 gennaio 1950 la seconda sezione penale della Corte di Cassazione si pronunciò sui ricorsi presentati da Ugo Jannuzzi, Alfideo Vaccari, Galliano Moretti, Giuseppe Trevisani, Oliviero Bruini. La Corte accolse parzialmente soltanto quello presentato dal comandante delle Brigate Nere, (rigettò quello di Moretti e dichiarò inammissibili gli altri quattro), annullando la sentenza della corte d\\\'assise di Perugia «per mancanza di motivazione in ordine alla reiezione della richiesta di concessione delle attenuanti generiche – ed in ordine alla determinazione della misura delle pene – al reato di collaborazionismo militare» rinviando il tutto all\\\'esame della corte di assise di Firenze.rnTante furono le denunce a suo carico per torture subite duranti gli interrogatori. La Questura, dopo alcuni tentativi andati a vuoto, lo rintracciò a casa del cognato Mario Bastioni a Rivarolo (GE).rnFrancesco Aureli, il carceriere di Codigoro, lo accusò di essere stato membro del plotone di esecuzione che operò ad Ariano ferrarese. Il 30 giugno 1947 venne dichiarato il non luogo a procedere nei suoi confronti per il reato di collaborazionismo grazie al decreto di amnistia. Nel suo fascicolo personale della Questura è stata ritrovata l\\\'indicazione di un’ulteriore sentenza del tribunale di Ferrara datata 13 luglio 1957 che confermò il giudizio di dieci anni prima. La Questura ferrarese cessò di richiedere sue notizie nell\\\'ottobre 1950. rnrnLa corte d\\\'assise di Firenze emise la propria sentenza il 24 marzo 1950, riformando la sentenza di Perugia, portando a 19 anni quelli inflitti per il reato di collaborazionismo ed a una condanna per complessivi 22 e 6 mesi di cui 16 condonatirnIl 6 dicembre 1950 la seconda sezione penale della Corte di Cassazione accolse parzialmente il ricorso presentato dall\\\'avvocato di Ugo Jannuzzi, condannandolo complessivamente a 21 anni e 6 mesi di carcere, condonandone 15 e 4 mesi.rnIl 10 ottobre 1959 la sezione appello penali della Corte di appello di Firenze dichiarò estinti per amnistia i reati di Jannuzzi, applicando «le benefiche disposizioni contenute nell\\\'art. 1 lettt. A del D.P.R. 11 luglio 1959 n. 460»
Tipo di reparto fascista Brigata Nera
Nome del reparto 24. Brigata Nera “Igino Ghisellini” di Ferrara/distaccamento di Codigoro
Gino Zambrini
Nome Gino
Cognome Zambrini
Stato imputato in procedimento
Note responsabile Nacque a Conselice (RA) il 7 settembre 1912.
Note procedimento Accusato di collaborazionismo, tra l\'altro, «quale milite delle Brigate Nere di Codigoro, partecipato ad alcuni rastrellamenti contro partigiani durante i quali furono catturati Bonamico Mario e Pivari Olao successivamente fucilati». Il 22 luglio 1946 la CAS di Ferrara dichiarò il non luogo a procedere essendo il reato estinto per amnistia.
Tipo di reparto fascista Brigata Nera
Nome del reparto 24. Brigata Nera “Igino Ghisellini” di Ferrara/distaccamento di Codigoro
Giuseppe Trevisani
Nome Giuseppe
Cognome Trevisani
Ruolo nella strage Autore
Stato imputato in procedimento
Note responsabile Nacque a Massafiscaglia il 24 agosto 1910. Coniugato, padre di due figlie, aveva frequntato le elementari. Era un mediatore agricolo. Non si iscrisse al PNF ma fu tra i primi ad aderire alla RSI e ad entrare nel PFR. «Prestò servizio presso l’UPI di Ferrara e successivamente si arruolò volontariamente nelle BB.NN. prendendo parte a vari plotoni di esecuzione ed a interrogatori di partigiani, percuotendoli e seviziandoli».
Note procedimento La Corte d’Assise di Perugia lo condannò a ventidue anni e otto mesi di carcere di cui quindici e un mese immediatamente condonati, oltre alla interdizione perpetua dei pubblici uffici per collaborazionismo e omicidio volontario aggravato (per questi omicidi e e quelli di Ticchioni e Villa a Codigoro) con il concorso delle attenuanti specifiche. Il 17 marzo 1950 Trevisani arrivò alle carceri di Ferrara proveniente dal penitenziario di S. Gimignano per espiare la parte residua della pena. Avrebbe dovuto tornare in libertà il 27 novembre 1952 ma poco meno di due anni prima, il 27 dicembre 1950, gli fu concessa la libertà condizionale con obbligo di dimora a Rero (FE), dove però, non giunse mai. I Carabinieri di Tresigallo, infatti, avevano sconsigliato il ritorno dell’ex Brigata Nera, «poiché il suddetto ha svolto attività politica nazifascista, per i suoi precedenti e per le condizioni ambientali non è consigliabile, anzi è inconcepibile che il medesimo possa far ritorno in seno alla famiglia. Lo stesso giorno della sua scarcerazione, tutti ne parlavano è più di uno ha ventilato parole di minaccia a suo indirizzo. A tutta la popolazione della zona, cioè, non solo di Rero ma anche degli altri paesi viciniori sono note le ignobili imprese del surripetuto». Alla luce di queste parole il Questore di Ferrara negò il nullaosta per il suo ritorno in paese. Trevisani ritornò a Rero il 2 marzo e ripartì per il capoluogo umbro il 5. Altri permessi gli furono nuovamente concessi alla fine di marzo ed in aprile. Il 7 aprile 1953 il suo nome fu radiato dal CPC; il 20 gennaio 1958 accadde la stessa cosa per quello della Questura di Ferrara. Il processo principale venne istruito dinnanzi alla Corte di Assise Sezione Speciale di Ferrara ma fu rinviato a causa degli incidenti avvenuti durante l\'escussione dei testimoni a carico degli imputati e trasferito, per legittima suspecione, prima a Bologna (dove non venne svolta alcuna udienza) e quindi a Perugia, la cui corte, con sentenza dell\'8 dicembre 1948 condannò complessivamente a 24 anni, di cui 16 condonati, Ugo Jannuzzi per collaborazionismo politico (non militare, come aveva previsto il capo d\'accusa) e per omicidio volontario, con l\'aggravante di cui all\'art. 112 n. 22 C. P. e con la continuazione (applicata per entrambe le uccisioni, di Codigoro e di Ariano ferrarese, del 14 febbraio 1944); a 22 anni e 8 mesi, di cui 15 anni e 1 mese condonati Alfideo Vaccari e Galiano Moretti per l\'omicidio volontario di Laerte Bonaccorsi, Mario Bonamico ed Olao Pivari con la concessione delle attenuanti generiche; a 22 anni e 8 mesi, di cui 15 anni e 1 mese condonati Giuseppe Trevisani ed Oliviero Bruini per collaborazionismo politico e per omicidio volontario (applicata per entrambe le uccisioni, di Codigoro e di Ariano ferrarese, del 14 febbraio 1944), con la concessione delle attenuanti generiche. Il 20 gennaio 1950 la seconda sezione penale della Corte di Cassazione si pronunciò sui ricorsi presentati da Ugo Jannuzzi, Alfideo Vaccari, Galliano Moretti, Giuseppe Trevisani, Oliviero Bruini. La Corte accolse parzialmente soltanto quello presentato dal comandante delle Brigate Nere, (rigettò quello di Moretti e dichiarò inammissibili gli altri quattro), annullando la sentenza della corte d\'assise di Perugia «per mancanza di motivazione in ordine alla reiezione della richiesta di concessione delle attenuanti generiche – ed in ordine alla determinazione della misura delle pene – al reato di collaborazionismo militare» rinviando il tutto all\'esame della corte di assise di Firenze. La corte d\'assise di Firenze emise la propria sentenza il 24 marzo 1950, riformando la sentenza di Perugia, portando a 19 anni quelli inflitti per il reato di collaborazionismo ed a una condanna per complessivi 22 e 6 mesi di cui 16 condonati Il 6 dicembre 1950 la seconda sezione penale della Corte di Cassazione accolse parzialmente il ricorso presentato dall\'avvocato di Ugo Jannuzzi, condannandolo complessivamente a 21 anni e 6 mesi di carcere, condonandone 15 e 4 mesi. Il 10 ottobre 1959 la sezione appello penali della Corte di appello di Firenze dichiarò estinti per amnistia i reati di Jannuzzi, applicando «le benefiche disposizioni contenute nell\'art. 1 lettt. A del D.P.R. 11 luglio 1959 n. 460»
Tipo di reparto fascista Brigata Nera
Nome del reparto 24. Brigata Nera “Igino Ghisellini” di Ferrara/distaccamento di Codigoro
Lucio Cecchi
Nome Lucio
Cognome Cecchi
Ruolo nella strage Autore
Stato imputato in procedimento
Note responsabile Nacque il 3 marzo 1909 a Final di Rero frazione del comune di Tresigallo (FE) da Antonio e Tonina Bertasi. Dipendente della Banca d’Italia, risiedeva a Ferrara in via Borgo dei Leoni, 65.
Note procedimento Fu denunciato da Olga ed Elvisa Contrastini per l’uccisione di Cimbro Contrastini. Alfideo Vaccari lo indicò anche come membro del plotone che fucilò i tre partigiani ad Ariano ferrarese. La Questura, non riuscendo a rintracciarlo, raccolse informazioni sulla sua attività politco-militare in città. Entrò nelle Brigate Nere nel gennaio 1944 venendo assegnato subito al distaccamento di Codigoro, ma solo come «semplice gregario». Dopo il 25 aprile 1945 si recava quotidianamente alla Certosa di Ferrara, sulle tombe della moglie e di due figli deceduti nel rifugio della Banca d’Italia in via Borgo dei leoni durante il bombardamento del 28 gennaio 1944. «Deducesi pertanto che il Cecchi Lucio (da quanto asseriscono coloro che lo conobbero) fu spinto ad iscriversi nelle bb.nn. per il dolore ed il bisogno di sfogo che lo invadevano, dopo il decesso dei suoi precitati». In un verbale redatto su richiesta della commissione di epurazione del ministero del tesoro il 19 aprile 1946, l’agente di pubblica sicurezza Bruno Brunetto scrisse: «L’8 maggio 1945 il Cecchi come al solito si recò al suddetto cimitero: erano le 15 pomeridiane, nell’interno del camposanto in parola fu incontrato da due o più individui in abiti civili, i quali forzatamente, lo condussero con sé a bordo di un’autovettura, dopo di che non si ebbe più alcuna notizia del Cecchi, come non la si ha tuttora». Le ricerche per rintracciare Lucio Cecchi proseguirono. Il procedimento per l’accusa di collaborazionismo risultava ancora in fase istruttoria nell’estate del 1951. In realtà la procura aveva già pronunciato la sentenza di non doversi procedere per amnistia il 30 giugno 1947, ma il 9 agosto la sezione istruttoria della corte d’appello di Bologna aveva disposto che l’istruttoria fosse riaperta. Il 30 luglio 1947 la sezione istruttoria della corte istruttoria di Bologna chiese la sospensione del procedimento nei confronti di Lucio Cecchi, poiché riteneva sufficientemente fondata l’ipotesi che fosse stato ucciso per motivi politici. Nonostante questa richiesta il fascicolo proseguì il suo iter. L’incartamento venne quindi nuovamente trasmesso al giudice istruttore di Ferrara; nello stesso procedimento erano coinvolti, Walter Barioni Raffaele Margutti ed Ernesto Frignani. Il 13 luglio 1957 il tribunale di Ferrara dichiarò il non doversi procedere per il reato di collaborazionismo perché l’imputato era stato dichiarato deceduto. La sentenza di morte era già stata pronunciata dal tribunale di Ferrara il 26 febbraio 1951. Il su fascicolo personale fu chiuso nel 1953.
Tipo di reparto fascista Brigata Nera
Nome del reparto 24. Brigata Nera “Igino Ghisellini” di Ferrara/distaccamento di Codigoro
Luigi Sabbatini
Nome Luigi
Cognome Sabbatini
Ruolo nella strage Autore
Stato imputato in procedimento
Note responsabile Luigi Sabbatini, nato a Comacchio il 5 gennaio 1901. Segretario politico a Comacchio e comandante della GIL. Il 9 agosto1946 fu assolto dall\'accusa di collaborazionismo in fase istruttoria dalla Sezione Speciale della Corte d\'Assise di Ferrara per insufficienza di prove dall\'accusa di omicidio. Da un suo memoriale si ricava quanto segue. Fatto prigioniero, presumibilmente dopo la firma dell\'armistizio, il 28 settembre fuggì dal campo in cui era stato rinchiuso. Aiutò diversi alleati a salvarsi, facendo loro oltrepassare la linea del fronte. Disse anche di aver aiutato, proteggendoli, diversi fascisti che decisero di non aderire al PFR, durante i mesi in cui Enrico Vezzalini fu capo della provincia di Ferrara. Nel dicembre 1943 venne nominato segretario del fascio, carica che ricoprì sino alle dimissioni del febbraio 1945. Affermò di essere riuscito a mantenere «quella tranquillità nel mio paese che in nessun\'altro in detto periodo si ebbe» E di aver fatto evitare decine di arresti non consegnando ad «una squadra nota in tutta la provincia» (il riferimento è chiaramente al battaglione Giorgi della GNR comandato da Carlo Tortonesi e noto come i \'Tupin\') le persone ricercate. Si domandò, infine, se doveva pagare perchè la sera precedente l\'arresto di Edgardo Fogli, camminò un po\' al suo fianco. Il suo fascicolo fu chiuso nel dicembre 1951
Note procedimento Sezione Speciale della Corte d\'Assise di Ferrara, sentenza del 9 agosto 1946 nei confronti di Luigi Sabatini e Rosolino Fogli, accusati di collaborazionismo per aver preso parte, come elementi delle BN, all\'azione che portò all\'arresto di Edgardo Fogli ed averne determinato, con nesso causale la fucilazione, entrambi assolti per insufficienza di prove.
Tipo di reparto fascista Brigata Nera
Nome del reparto Brigata nera reparto imprecisato
Nino Trasforini
Nome Nino
Cognome Trasforini
Stato imputato in procedimento
Note responsabile Nacque il 23 gennaio 1905 a Comacchio (FE) da Gaetano e Antonia Mantovani. Era un operaio e nel secondo dopoguerra visse a Mesola. Dichiarò di aver fatto parte delle Brigate Nere comandate da Alfideo Vaccari, a partire cioè da quando Ugo Jannuzzi fu trasferito all’Ufficio ‘I’ di Ferrara.
Note procedimento Fu fermato il 7 ottobre 1945 dai Carabinieri di Mesola. Interrogato tre settimane dopo, dichiarò di non aver mai partecipato ad alcun arresto o rastrellamento, ne di aver mai picchiato detenuti. Aggiunse di aver sempre fatto il piantone di caserma e di non essere mai uscito in pattuglia. Respinse l’accusa mossagli da Oliviero Bruini di aver fatto parte sia del plotone che agì lungo il muro del cimitero di Codigoro sia di quello che sparò ad Ariano ferrarese. Fu prosciolto in istruttoria dal reato di collaborazionismo. Un mese più tardi sono sempre i Carabinieri di Mesola a non proporlo per un provvedimento di polizia «per il suo tenore, e comportamento di vita» (le sue condizioni di vita vennero definite misere ed inoltre doveva mantenere cinque figli in tenera età). Il suo fascicolo personale fu chiuso nel novembre 1951.
Tipo di reparto fascista Brigata Nera
Nome del reparto 24. Brigata Nera “Igino Ghisellini” di Ferrara/distaccamento di Codigoro
Oliviero Bruini
Nome Oliviero
Cognome Bruini
Ruolo nella strage Autore
Stato imputato in procedimento
Note responsabile Nacque ad Ariano ferrarese il 13 febbraio 1925. Barbiere, aveva studiato sino alla quarta elementare. Il padre, Antonio, era stato iscritto al PCI Prima dell’arresto abitò sempre nel paese di nascita.
Note procedimento Fu fermato il 27 settembre 1945, dopo la denuncia ai suoi danni presso la procura ferrarese per i reati di collaborazionismo e svariati crimini politici. Nel dicembre 1943 aderì al PFR svolgendo le mansioni di fattorino della casa del fascio del paese. Nell\'ottobre dell\'anno successivo di arruolò volontariamente nelle Brigate Nere e dopo un mese di servizio a Ferrara fu trasferito al distaccamento codigorese dove «Bruini si rese tristemente noto, partecipando a rastrellamenti, arresti, uccisioni, maltrattamenti e sevizie di detenuti». In un documento dei Carabinieri di Comacchio del 19 luglio 1945 si legge: «La persona in oggetto generalizzata, pur non avendo precedenti penali agli d\'ufficio, è di pessima condotta morale, dedito ai furti, che però, gli sono stati sempre perdonati dalle parti che li hanno subiti perché era minorenne. Risulta inoltre, vagabondo, di animo perverso, sfruttatore di attualità, d\'indole cattiva e perversa, capace di commettere qualsiasi male. Pur non essendo pervenute all\'Arma denunce specifiche, si vocifera, ed è notorio a tutta la popolazione di Ariano Destro, che il Bruini abbia preso parte a rastrellamenti di patrioti, e persino esecuzioni capitali di questi. Fu visto fra i componenti del plotone di esecuzioni capitali dei tre partigiani fucilati in Ariano Ferrarese il 14 febbraio 1945 (...) Corre voce nella popolazione, che nel caso dovesse venir liberato, verrebbe soppresso perché paghi il male che si vuole abbia fatto». La Corte d\'Assise di Perugia l\'8 dicembre 1948 lo condannò a ventidue anni e sei mesi di reclusione, di cui quindici e dieci giorni immediatamente condonati ed all\'interdizione dai pubblici uffici per i reati di collaborazionismo e omicidio volontario non aggravato (per questi omicidi e quelli di Ticchioni e Villa a Codigoro). Il 20 gennaio 1950 la corte di Cassazione dichiarò inammissibile il suo ricorso alla sentenza di condanna. Il 24 luglio 1959 uscì definitivamente dal carcere di Città di Castello (PG) prendendo la residenza nella frazione S. Secondo. La pena era stata prolungata per una multa di £. 72.000, convertita in centottanta giorni di carcere inflitta a Bruni dal Tribunale di Ascoli Piceno il 23 maggio 1955 per i reati di truffa, millantato credito ed abuso di titoli. Il processo principale venne istruito dinnanzi alla Corte di Assise Sezione Speciale di Ferrara ma fu rinviato a causa degli incidenti avvenuti durante l\'escussione dei testimoni a carico degli imputati e trasferito, per legittima suspecione, prima a Bologna (dove non venne svolta alcuna udienza) e quindi a Perugia, la cui corte, con sentenza dell\'8 dicembre 1948 condannò complessivamente a 24 anni, di cui 16 condonati, Ugo Jannuzzi per collaborazionismo politico (non militare, come aveva previsto il capo d\'accusa) e per omicidio volontario, con l\'aggravante di cui all\'art. 112 n. 22 C. P. e con la continuazione (applicata per entrambe le uccisioni, di Codigoro e di Ariano ferrarese, del 14 febbraio 1944); a 22 anni e 8 mesi, di cui 15 anni e 1 mese condonati Alfideo Vaccari e Galiano Moretti per l\'omicidio volontario di Laerte Bonaccorsi, Mario Bonamico ed Olao Pivari con la concessione delle attenuanti generiche; a 22 anni e 8 mesi, di cui 15 anni e 1 mese condonati Giuseppe Trevisani ed Oliviero Bruini per collaborazionismo politico e per omicidio volontario (applicata per entrambe le uccisioni, di Codigoro e di Ariano ferrarese, del 14 febbraio 1944), con la concessione delle attenuanti generiche. Il 20 gennaio 1950 la seconda sezione penale della Corte di Cassazione si pronunciò sui ricorsi presentati da Ugo Jannuzzi, Alfideo Vaccari, Galliano Moretti, Giuseppe Trevisani, Oliviero Bruini. La Corte accolse parzialmente soltanto quello presentato dal comandante delle Brigate Nere, (rigettò quello di Moretti e dichiarò inammissibili gli altri quattro), annullando la sentenza della corte d\'assise di Perugia «per mancanza di motivazione in ordine alla reiezione della richiesta di concessione delle attenuanti generiche – ed in ordine alla determinazione della misura delle pene – al reato di collaborazionismo militare» rinviando il tutto all\'esame della corte di assise di Firenze. La corte d\'assise di Firenze emise la propria sentenza il 24 marzo 1950, riformando la sentenza di Perugia, portando a 19 anni quelli inflitti per il reato di collaborazionismo ed a una condanna per complessivi 22 e 6 mesi di cui 16 condonati Il 6 dicembre 1950 la seconda sezione penale della Corte di Cassazione accolse parzialmente il ricorso presentato dall\'avvocato di Ugo Jannuzzi, condannandolo complessivamente a 21 anni e 6 mesi di carcere, condonandone 15 e 4 mesi. Il 10 ottobre 1959 la sezione appello penali della Corte di appello di Firenze dichiarò estinti per amnistia i reati di Jannuzzi, applicando «le benefiche disposizioni contenute nell\'art. 1 lettt. A del D.P.R. 11 luglio 1959 n. 460»
Tipo di reparto fascista Brigata Nera
Nome del reparto 24. Brigata Nera “Igino Ghisellini” di Ferrara/distaccamento di Codigoro
Rosolino Fogli
Nome Rosolino
Cognome Fogli
Ruolo nella strage Autore
Stato imputato in procedimento
Note responsabile Nacque a Comacchio (FE), il 14 agosto 1907, bracciante, commissionario commerciale. Coniugato, padre di sei figli, aveva frequentato la scuola sino alla quarta elementare. Riformato dal servizio militare per esaurimento nervoso, non prese parte alla prima guerra mondiale. Era entrato nel fascio di combattimento sin dal 1920, partecipando a qualche spedizione punitiva «di poca entità» nel comacchiese, ma ne fu espulso il 17 giugno 1926. La Questura di Ferrara aveva aperto un fascicolo nei suoi confronti già nel 1928, perchè ritenuto un «fascista dissidente». Diffidato a tenere un comportamento politico e morale consono ed a munirsi immediatamente di carta di identità (1928), nella scheda biografica redatta nel 1930, viene descritto come «poco assiduo al lavoro, anzi è attaccabrighe, maldicente, svogliato, e fiacco e non appena viene riconosciuto per tale viene licenziato». La famiglia era mantenuta dalla moglie, impiegata dell\'ufficio delle Saline di Comacchio. Il 15 maggio 1930, con il fratello Gaetano ed altre persone inscenò una piccola manifestazione contraria alla parziale bonifica delle valli, minacciando la sede dell\'impresa; fu bloccato dai carabinieri. Tra il 1924 ed il 1929 subì diverse condanne per ingiurie e minacce, oltraggio e mancata denuncia all\'autorità di oggetti rinvenuti. Fu riammesso al fascio nel 1934 e venne richiamato alle armi nella MVSN. Nel 1938 fu nuovamente sottoposto al giudizio del consiglio di disciplina del fascio comacchiese per aver offeso un comacchiese in divisa dell\'esercito: gli fu sospesa la tessera, poi nuovamente restituita per la buona condotta tenuta. Questo primo fascicolo fu chiuso nel maggio 1941 contestualmente alla concessione del passaporto per la Germania. Fu richiamato alle armi il 26 giugno 1940 nella milizia territoriale contraerea, 136° batteria ed inviato ad Arezzo. Smobilitato e richiamato successivamente diverse volte nello stesso reparto, rientrò dalla Sicilia nell\'agosto 1943. Dopo l\'8 settembre fu ancora richiamato ed assegnato ad un reparto di avvistamento aerei a Bologna. Nella MVSN prima e nella GNR poi fu anche nella contraerea di stanza a Comacchio. Il primo giugno 1945 venne arrestato dal partigiano Giuseppe Gelli, perchè accusato di aver partecipato all\'omicidio di Edgardo Fogli. A suo carico esisteva una denuncia firmata da molti comacchiesi che lo accusavano di essere stato un bastonatore e di aver partecipato o comunque aiutato le BN nell\'uccisione di Fogli. Dichiarò che Edgardo Fogli fu arrestato dai tedeschi che poi lo consegnarono alle BN e di essere completamente estraneo ad ogni fatto inerente questa vicenda. Il 9 agosto 1946 la Sezione Speciale della Corte d\'Assise di Ferrara lo assolse dall\'accusa di collaborazionismo per insufficienza di prove. Nell\'agosto 1957, quando fu definitivamente chiuso il suo fascicolo personale, «nutr[iva] tuttora sentimenti favorevoli al cessato regime fascista, senza però farne propaganda; [era] iscritto al MSI, in favore del quale svolge limitata propaganda».
Note procedimento Sezione Speciale della Corte d\'Assise di Ferrara, sentenza del 9 agosto 1946 nei confronti di Luigi Sabatini e Rosolino Fogli, accusati di collaborazionismo per aver preso parte, come elementi delle BN, all\'azione che portò all\'arresto di Edgardo Fogli ed averne determinato, con nesso causale la fucilazione, entrambi assolti per insufficienza di prove.
Tipo di reparto fascista Brigata Nera
Nome del reparto Brigata Nera mobile non precisata
Memorie
Memorie legate a questa strage
lapide a Comacchio, piazza Folegatti
Tipo di memoria: lapide
Ubicazione: Comacchio, piazza Folegatti
Descrizione: In piazza Vincenzino Folegatti ci sono due lapidi una dedicata a Edgardo Fogli con le seguenti parole: Testo: “FIAMMA DI SDEGNO E D’AMORE / PER L’ITALIA ASSERVITA ALLO STRANIERO / ACCESE LA RADIOSA GIOVINEZZA / PROTESA VERSO IDEALI DI GLORIA / DEL PARTIGIANO / VINCENZINO FOLEGATTI / D’ANNI 21 / APPARTENENTE / ALLA 35^ BRIGATA GARIBALDI “BRUNO RIZZIERO [RIZZIERI]” / ED ALLA 28^ BRIGATA “MARIO GORDINI” / MEDAGLIA D’ARGENTO AL V.M. / EROICO CORAGGIOSO COMBATTENTE / PARTECIPO’ A 105 MISSIONI DI GUERRA / ALLA VIGILIA / DELLA LIBERAZIONE DI COMACCHIO / A VALLE PAVIERO / OFFRI’ IN SUPREMO SACRIFICIO LA VITA / PER CONQUISTARE ALL’ITALIA / MARTORIATA E DIVISA / PACE LIBERTA’ FRATERNITA’ / COMACCHIO CUSTODE DELLA SUA MEMORIA / POSE IL 19.IV.1946”. Si deve ricordare che cin i partigiani qui nominati fu fucilato anche Vittorio Bulgarelli Un\'altra lapide venne collocata tre anni più tardi: “DA QUANDO LA TIRANNIDE FASCISTA / FURENTE DI TEDESCA RABBIA / CON LE PIU’ NOBILI VITE / VOLLE QUI SPEGNERE LA LIBERTA’ / IL 29 GENNAIO 1945 / I NOSTRI MARTIRI / CAP. EDGARDO FOGLI / COMMISSARIO POLITICO BTG. BASSO FERRARESE / GIUSEPPE GHIRARDELLI / PARTIGIANO / GIOVANNI FARINELLI / PARTIGIANO / VIVONO IMMORTALI / DELLA PIU’ UMANA VIRTU’ / IL COMUNE E I CITTADINI / POSERO A RICORDO E AMMONIMENTO / NEL QUARTO ANNIVERSARIO DELL’ECCIDIO”. Entrambe le lapidi sono sormontate da un volto di Garibaldi in bassorilievo.